Redazione

Brindisi. Sorpreso a rubare uno smartphone, denunciato. I Carabinieri della Stazione di Brindisi Centro, al termine degli accertamenti, hanno denunciato in stato di libertà un 21enne del posto, per furto aggravato. Il giovane, nella giornata del 12 dicembre 2020, all’interno di una lavanderia del luogo, approfittando di un momento di assenza della titolare, spostatasi nel retro del negozio, rubava uno smartphone di proprietà della stessa, che era appoggiato dietro il bancone.

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Con gran parte delle pizzerie chiuse per l’entrata in vigore delle misure di prevenzione previste dal Dpcm con la nuova mappa delle regioni che ha riportato la Puglia in zona arancione, la Giornata internazionale della pizza si celebra quest’anno soprattutto nelle case dove oltre 4 consumatori su 10 (44%) hanno scelto di prepararsela da soli pur di non rinunciarci. E’ quanto emerge da un sondaggio condotto sul sito www.coldiretti.it in occasione della giornata internazionale della Pizza Italiana dedicata al simbolo della cucina italiana più conosciuta nel mondo che si celebra il 17 gennaio, con i cuochi contadini di Campagna Amica che hanno preparato video tutorial per aiutare i consumatori a fare la pizza in casa.

Le vendite nei locali sono praticamente dimezzate con un crack stimato da Coldiretti Puglia in oltre 500 milioni di euro nel 2020, che mette a rischio il futuro di 6.500 pizzerie in Puglia. Ma le difficoltà – sottolinea la Coldiretti Puglia – si trasferiscono lungo tutta la filiera considerato che a pieno regime nelle pizzerie della regione ogni anno si stima vengano impiegati 41 milioni di chili di farina, 23 milioni di chili di mozzarella, 3 milioni di chili di olio di oliva e 27 milioni di chili di salsa di pomodoro.

Un “compleanno” amaro segnato dall’emergenza coronavirus con la pizzerie chiuse per il servizio al tavolo, nonostante la debole boccata d‘ossigeno rappresentata dalla possibilità di consegna a domicilio e di asporto. La pizza preferita dai pugliesi è quella tonda – aggiunge Coldiretti Puglia - tradizionale e cotta a legna nel forno a pietra, dove i gusti tradizionali vincono su quelli gourmet con 8 pugliesi su 10 che scelgono la marinara, margherita, napoletana o capricciosa.

Le pizzerie – continua la Coldiretti regionale - sono forse il settore della ristorazione più colpito dall’emergenza Covid per il consumo serale che si scontra con l’obbligo di chiusura in tutto il territorio nazionale alle 18,00, ma pesa molto anche l’assenza totale dei turisti stranieri, da sempre tra i più accaniti consumatori di pizza.

Senza dimenticare – continua la Coldiretti Puglia – il taglio dei consumi di vino e soprattutto di birra che trovano nelle pizzerie un canale privilegiato di vendita. La chiusura forzata dei locali ha dunque un impatto devastante non solo sulle imprese e sull’occupazione ma anche – rileva la Coldiretti regionale – sull’intero sistema agroalimentare che ha visto chiudere un importante sbocco di mercato per la fornitura dei prodotti.

Nel tempo della pandemia ad aumentare è dunque solo la spesa domestica, con il lockdown e le altre limitazioni che hanno “riportato” i pugliesi ai fornelli. La preparazione casalinga dei piatti tradizionali, a partire dalla pizza, in questo periodo è infatti – sostiene la Coldiretti – una attività tornata ad essere gratificante per uomini e donne all’interno delle case anche con il coinvolgimento appassionato dei più piccoli. Non a caso si è registrato un raddoppio delle vendite di preparati per pizze (+101%) nei supermercati secondo l’analisi della Coldiretti su dati Iri.

Gli italiani sono i maggiori consumatori di pizza in Europa – ricorda la Coldiretti – con 7,6 chili all’anno, e staccano spagnoli (4,3), francesi e tedeschi (4,2), britannici (4), belgi (3,8), portoghesi (3,6) e austriaci che, con 3,3 chili di pizza pro capite annui, chiudono la classifica.

È di un decesso il bilancio di un incidente stradale che si è verificato nel pomeriggio sulla provinciale che collega Brindisi a San Vito, nella rotatoria per Serranova. Una Fiat Punto condotta da Amedeo Parisi di San Vito, per cause in fase di indagine, si è ribaltata. Il giovane è deceduto. Sul posto è giunta una unità del 118. Le indagini sono condotte dai vigili urbani di Brindisi. (Foto archivio) 

Emergenza epidemiologica, gli aggiornamenti: oggi a  Mesagne 8 nuovi casi e 5 guariti.

Sono 54 persone attualmente positive, di cui 3 in ospedale, nessuna in condizioni critiche.

Molti sono i temi da considerare in un momento la cui complessità delle vicissitudini che stiamo vivendo, rende l’uomo ancora più fragile e vulnerabile nello scenario di una pandemia da Covid-19 che semina dolore e morte. 

La necessità è in una politica di rappresentanza per la sanità, per il Welfare e per la scienza nel superare gli effetti dovuti alla Pandemia di Covid-19: Blocco delle merci e degli scambi, crollo del Pil, crollo dei livelli dei servizi essenziali di assistenza e di prestazioni per le fragilità non solo per sperare di tornare quanto prima alla normalità ma anche di riuscire a trasformare questa crisi in un’opportunità per ripensare a uno Stato Innovatore attraverso un nuovo modello di sviluppo tale da far “Ripartire il Paese”.
La logica è di pensare alla ragione dell’impegno e della responsabilità pluralista nel diritto di avere punti di vista diversi nel concetto di unità politica comune per far crescere il Paese nella necessità della “cultura dell’incontro, di non cedere alla logica dello scarto, specie dei più indifesi, dei poveri, dei malati e degli anziani”. 
La criticità è non solo nelle tante inadeguatezze, divari e diversità dei sistemi sanitari regionali, ma anche nelle carenze per l’assistenza alle persone malate, che chiedono alla politica scelte su: risorse, impegno e responsabilità per le cure e porre fiducia sulla progettualità di riforme che legano i bisogni del malato e di chi li cura ponendo concretezza verso il credo dei valori e l’aspettativa cui si è creduto nel vissuto reale. 
Al tempo della prima Repubblica la politica era solidale.
Lo Stato investiva in Sanità Pubblica, il Paese cresceva  ed era di riferimento mondiale.  Poi è arrivata la sanità  delle regioni  e quella privata, però il divario territoriale ha creato il gap delle disuguaglianze non avendo più una visione “concreta di un diritto per la salute che il cittadino vorrebbe” per massimizzare un nuovo umanesimo aperto ai principi di reciprocità, di solidarietà e di comunità ideale. In Sanità pesano i tagli e i ritardi quando è possibile, ricorrere al Mes per coprire le spese sanitarie e senza creare un paradosso di chiusure a medici e a 7 mila infermieri che, formati e laureati in Italia, ma si trasferiscono all’estero, lontani dai genitori ormai anziani.
Per la Uil pensionati Stu Appia la Sanità è il presente che prevede la prevenzione il futuro, ma bisogna creare tutte le misure necessarie, mettendo al primo posto la salute e la vita di tutti. Occorre iniettare il vaccino a tutti come accadeva un tempo nelle scuole. Pfizer - Biontech è per i più deboli, Astra Zeneca ai giovani, ma vi è anche Moderna ed è in arrivo il quarto vaccino verso Marzo/Aprile Johnson & Johnson. L’Italia, di quest’ultimo periodo, ne ha prenotati 50 milioni di dosi. Bisogna essere uniti per combattere questo tsunami, che ha creato le sue varianti ancora più virulenti. In Gran Bretagna si rilevano 1322 mila morti nelle ultime 24 ore.
Bisogna essere uniti per evitare a tutti i costi, la bolla virtuale che causerebbe una bomba sociale sulla crisi sanitaria ed economica che non demorde.  
La politica, invece, si divide anche in questa situazione drammatica pensa di perdere tempo. Il sindacato è sempre presente su tutti i fronti dalla politica, all’industria, dalla sanità alla drammatica situazione sociale.
Attraverso il Recovery Fund si colloca la nostra richiesta tesa al miglioramento delle RSA nell’integrazione con la cura, il territorio, la domiciliarità. Occorre tenere presente della curva demografica che si presenta inesorabile, tra qualche anno per le persone over 65 anni. Gli anziani saranno un terzo della popolazione e sicuramente saranno più soggetti alle malattie croniche e degenerative e cardiocircolatorie e che hanno bisogno di servizi di assistenza e di prestazioni, che aiutano l’anziano non autosufficiente al diritto d’invecchiare a casa propria ed essere portatore di un progetto di vita. Ciò non vuol dire accantonare le RSA, perché la gravità delle patologie non permette l’assistenza in famiglia, ma per gli anziani autosufficienti è indicativo potenziare la presa in carico del sistema sanitario a casa loro, con un progetto personalizzato territoriale di medici e infermieri dedicati, fisioterapisti di prossimità, personale che possa offrire anche a domicilio assistenza. Si tratta, quindi, di un’inversione concettuale di “cura oltre la cura” che si tradurrebbe non solo in allargamenti dei livelli di assistenza medica e psico-sociale, ma anche in sicuri risparmi.
Si deve di partire, secondo la Uil pensionati Stu Appia, da un nuovo paradigma dell’assistenza, che sia un modello di riforma di prossimità ai bisogni della gente più fragile. È stato accertato che, in questo periodo di pandemia, almeno il 50% dei decessi sia avvenuto nelle nursing home, nelle case di riposo, negli ospedali per lungo degenti, quindi nelle case di residenze per anziani. Tutto questo, sicuramente, non è avvenuto per inadempienze o negligenze dei dirigenti di Rsa. La tragedia della pandemia ha svelato che il sistema di qualità dell’assistenza si dimostra inadeguato ai diritti dell’anziano, che è indotto a passare un invecchiamento di vita in crudele solitudine e nell’abbandono. Occorre prospettare un “continuum assistenziale” che sia di transizione dalla residenzialità di tipo ottocentesco a quella dei servizi erogati sul territorio, nel ridisegno di “curare la socialità”. La necessità è per una sanità vicina alla vita degli anziani, alle loro case, nei loro quartieri con garanzia di una gamma di servizi in entrata e in uscita da potenziare con l’assistenza di medici, d’infermieri, di assistenti territoriali e di educatori; tali da non essere trattati come ”scarti”, ma per essere considerati “biblioteca della memoria” per il loro vissuto, ma che oggi hanno bisogno di qualità delle cure e di socialità sociale. Potrebbe essere un antidoto che favorirebbe “l’intergenerazionalità” con ogni forma di conflitto e di separatismo per esortazione morale che lega i nipoti e i nonni in una visione di società moderna.
Per i pensionati si chiede un ripristino di un sistema di rivalutazione equo che tuteli il potere d’acquisto delle pensioni e la ricostruzione del montante come base di calcolo per chi ha subìto il blocco negli anni precedenti, oltre all’allargamento della platea dei beneficiari della 14esima. Il taglio delle tasse anche per i pensionati, perché pagano più di tutti e un adeguato finanziamento del Servizio Sanitario nazionale per permettere a tutti di curarsi garantendo i Livelli di assistenza sanitaria in modo equo in tutto il paese, superamento delle liste d’attesa, abolizione dei ticket e investimenti nella medicina del territorio, nelle cure intermedie e nella domiciliarità.
Da anni ci si aspetta la separazione della previdenza dall’assistenza. Dal 1989 tale separazione esiste, ma è solo contabile dato che il maggior ente erogatore è l’Inps. 
La Previdenza è finanziata dai contributi dei lavoratori e loro datori di lavoro, mentre l’assistenza è finanziata dalla fiscalità generale. In tale ottica si chiede all’Inps di essere “fabbrica delle pensioni” e null’altro, poiché la previdenza è centralizzata per incassare contributi e versare prestazione. 
L’Assistenza funziona in base al principio di sussidiarietà, supporto ai poveri e agli indigenti (oggi visibile nel “reddito di cittadinanza” e nella definizione dei servizi di cui ciascun povero/a ha bisogno).
Su questo tema si è discusso molto.
La realtà odierna sull’invecchiamento della popolazione “povera”, rende più acuto questo problema perché l’anziano ha esigenza soprattutto di essere accompagnato nei luoghi di cura medica, a fare la spesa essenziale e via discorrendo. Le risorse destinate per il “reddito di cittadinanza” (app, navigator, ecc.) incidono molto sulla sfida alla lotta alla povertà, quando le risorse potrebbero essere allineate agli altri modelli vari di “fondi esistenti”.
In questo principio la Uil chiede di dare attuazione e creare un percorso nella direzione dell’equità e della giustizia sociale.
Nel nostro territorio brindisino si chiede agli Ambiti o distretti territoriali (Comuni e Asl territoriali, questi ultimi di solito assenti) l’importanza di una programmazione partecipata per un socio-sanitario intergrato, condiviso e partecipato in cui le parti sociali possano dare un contributo fattivo alla riorganizzazione di una rete di servizi rispondente ai bisogni delle persone.  Ricordiamo che l’ADI è l’assistenza domiciliare integrata e che ha bisogno di un Piano assistenziale individuale completo e complesso che prevede l’erogazione di servizi medici, infermieristici, riabilitativi, socio-assistenziali e cure palliative per pazienti non autosufficienti, ma per essere socio-integrato ha bisogno di compresenza politica e sanitaria anche per affrontare le criticità territoriali sulla medicina territoriale e per una riformulazione organizzativa complessiva tra ospedali e PTA (Presidi territoriali di assistenza) in particolare sul cronoprogamma di massima delle vaccinazioni per gli anziani e le persone fragili. Sappiamo che le vaccinazioni anti-Covid proseguono in provincia di Brindisi, ma le dosi sono minime rispetto alle richieste in particolare per le persone anziane e le persone non autosufficienti. 
Sappiamo che vaccinare tutti gli ultraottantenni e le persone non autosufficienti, può diminuire secondo alcune stime il tasso di morti per Covid del 50 per cento. Per il Sindacato si rende, quindi, fondamentale, anticipare la somministrazione e d’inserire negli elenchi subito tutte le persone fragili e gli anziani 70enni.  Siamo pronti per una svolta, ma chiediamo di superarla insieme nei presidi ponendo in primo piano il “ Noi” come entità di pluralismo per il bene della comunità, evitando polemiche sulla vaccinazione anti Covid-19, perché serve uno sforzo collettivo per tutelare la salute e mettere in sicurezza il nostro territorio
 
Il segretario Tindaro Giunta

Quattro tra le più belle chiese di Mesagne a breve saranno restaurate grazie al bonus facciate. Si tratta della chiesa Matrice, il Santuario di Mater Domini, la chiesa di San Cosimo e Damiano e la Chiesa di Santa Maria in Betlemme, impianti religiosi situati in luoghi strategici dell’impianto urbanistico della città che, oltre all’importanza dal punto di vista religioso, spiccano per le loro peculiari caratteristiche architettoniche, attualmente però versanti in uno stato di degrado. Tra queste c’è anche la chiesa di Santa Maria in Betlemme la cui facciata è impalcata da alcuni anni a causa di alcune cadute di calcinacci. Per la verità in città c’è una vera e propria emergenza architettonica e storica-culturale, che si sta cercando di affrontare intervenendo con il recupero, restauro e riqualificazione di alcuni tra gli edifici religiosi del centro storico. I restauri sono stati affidati alla ditta mesagnese Cea Construction.

“Siamo onorati di renderci utili alla nostra città, mettendo a disposizione la competenza e la sensibilità acquisite durante l’esperienza professionale e di vita”, ha spiegato l’ingegnere Annachiara Contessa, amministratore unico della Cea -. L’immensa ricchezza artistica e culturale del nostro territorio, sono elementi identitari che se valorizzati in modo opportuno, costituiscono “brand” di attrattiva della nostra città”. L’impresa ha costituito ed implementato il suo staff tecnico, avvalendosi di professionisti specializzati per utilizzare e sfruttare al meglio queste nuove tecnologie, avvalendosi della già consolidata esperienza professionale, come l’architetto Paolo Capoccia, l’ingegnere Alessio Tedesco, l’ingegnere Gabriele Carriero e l’architetto Giuseppe Gissi. “L’innovazione che si è intrapresa da qualche anno abbracciando la metodologia Bim in tutto il settore architettura, ovviamente non poteva non aggiornare le tecniche e metodologie di rilievo del costruito, essendo questo base fondamentale per ogni progetto di restauro”, ha aggiunto l’amministratore della Cea -. Il tutto reso possibile avvalendosi del rilievo digitale di ultima generazione, tramite tecnologia laser scanner, che sfrutta strumenti in grado di misurare ad altissima velocità la posizione di centinaia di migliaia di punti nello spazio, i quali definiscono la superficie degli oggetti circostanti”. Concluso il processo restaurativo, il bene ha necessità di essere manutenuto con una revisione periodica dello stato di conservazione. La manutenzione continuata o almeno saltuaria dei manufatti mira a limitare o a bloccare le fonti di degrado, ad esempio fenomeni ben individuabili d’infiltrazione d’acqua, e comprende piccoli interventi di pulitura che permettono di evitare in tempi successivi costosi interventi conservativi.

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Dopo 5 anni vede finalmente la luce la CUN sperimentale sul grano duro, uno strumento fortemente voluto da Coldiretti che ha fatto pressing affinché si arginassero le continue fluttuazioni di mercato al ribasso di uno dei prodotti simbolo della Puglia, il granaio d’Italia. E’ quanto dichiara Coldiretti Puglia, alla notizia della conclusione dell’iter portato avanti dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e dalla Borsa Merci Telematica sulla Commissione Unica Nazionale del grano duro.

“La pandemia non ha fermato l’invasione di grano canadese con il raddoppio nel 2020 degli arrivi cresciuti in quantità del 96%, spinte dall’accordo di libero scambio Ceta, con continui tentativi di quotare al ribasso il prezzo del grano Made in Puglia. Con la CUN dovremo riportare in trasparenza costi di produzione e prezzi del grano, sottoposto a speculazioni inaccettabili, oltre a controlli serrati con una cabina di regia coordinata tra ICQRF, NAS, ASL e gli altri organi deputati alle verifiche ”, denuncia Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia.

La Puglia che è il principale produttore italiano di grano duro, con 343.300 ettari coltivati e 9.430.000 quintali prodotto ed era paradossalmente – denuncia Coldiretti Puglia - anche quello che ne importa di più, tanto da rappresentare un quarto del totale del valore degli arrivi di prodotti agroalimentari nella regione.

“L’allarme globale provocato dal Covid ha fatto emergere una maggior consapevolezza sul valore strategico rappresentato dal cibo e dalle necessarie garanzie di qualità e sicurezza. Dobbiamo riscoprire – aggiunge il presidente Muraglia - la tradizione agricola per puntare all’obiettivo della autosufficienza a tavola per difendersi dalle turbolenze provocate dall’emergenza coronavirus che ha scatenato corse agli accaparramenti e guerre commerciali con tensioni e nuove povertà”.

Nella sola provincia di Foggia la superficie coltivata a frumento duro è pari a 240.000 ettari e una produzione media di grano duro di 7.200.000 quintali. Da pochi centesimi al chilo concessi agli agricoltori dipende la sopravvivenza della filiera più rappresentativa del Made in Italy – insiste Coldiretti Puglia - mentre dal grano alla pasta i prezzi aumentano di circa del 500% e quelli dal grano al pane addirittura del 1400%.

“Ci sono le condizioni per rispondere alla domanda dei consumatori ed investire sull’agricoltura del nostro territorio che è in grado di offrire produzione di qualità realizzando rapporti di filiera virtuosi con accordi che – insiste Pietro Piccioni, delegato Confederale di Coldiretti Foggia – valorizzino i primati del Made in Italy e garantiscano la sostenibilità della produzione in Italia con impegni pluriennali e il riconoscimento di un prezzo di acquisto “equo”, basato sugli effettivi costi sostenuti”.

Nel periodo gennaio-luglio si è verificata, infatti, una vera e propria invasione di grano duro per fare la pasta dal Canada dove – denuncia Coldiretti – non vengono rispettate le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale vigenti nel nostro Paese e il grano viene trattato con l’erbicida glifosato in preraccolta, secondo modalità vietate sul territorio nazionale dove la maturazione avviene grazie al sole. La presenza sui mercati esteri è vitale per il Made in Italy ma negli accordi di libero scambio – precisa la Coldiretti - va garantita reciprocità delle regole e salvaguardata l’efficacia delle barriere non tariffarie perché non è possibile agevolare l’importazione di prodotti ottenuti secondo modalità vietate in Italia.

“La domanda di grano 100% Made in Italy si scontra infatti con anni di disattenzione e abbandono che nell’ultimo decennio hanno portato alla scomparsa di 1 campo su 5 dopo con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati con effetti dirompenti sull’economia, sull’occupazione e sull’ambiente”, denuncia Piccioni  che stigmatizza quanto lo scenario sia aggravato “dalla concorrenza sleale delle importazioni dall’estero soprattutto da aree del pianeta che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale in vigore nel nostro Paese”.

L’import selvaggio di grano straniero – conclude Coldiretti – fa concorrenza sleale al Made in Italy e pesa sulle quotazioni del grano nazionale nonostante un raccolto stimato in flessione intorno al 20% rispetto allo scorso anno e un balzo nei consumi di pasta dei consumatori, con un vero boom di quella fatta con grano 100 per 100 Made in Italy che è aumentata in valore del 29% e rappresenta ormai un quinto della pasta totale venduta nei supermercati, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat.

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Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano sulla base delle informazioni del direttore del dipartimento Promozione della Salute Vito Montanaro, informa che oggi sabato 16 gennaio 2021 in Puglia, sono stati registrati 10.600 test per l'infezione da Covid-19 coronavirus e sono stati registrati 1123 casi positivi: 406 in provincia di Bari, 76 in provincia di Brindisi, 100 nella provincia BAT, 217 in provincia di Foggia, 79 in provincia di Lecce, 239 in provincia di Taranto, 1 residente fuori regione, 5 casi di residenza non nota.

Sono stati registrati 15 decessi: 3 in provincia di Bari, 2 in provincia BAT, 3 in provincia di Brindisi, 3 in provincia di Foggia, 4 in provincia di Taranto.

Dall'inizio dell'emergenza sono stati effettuati 1.174.161  test.

49.692 sono i pazienti guariti.

56.003 sono i casi attualmente positivi.

Il totale dei casi positivi Covid in Puglia è di 108.520, così suddivisi:

41.466 nella Provincia di Bari;

12.371 nella Provincia di Bat;

7.939 nella Provincia di Brindisi;

23.351 nella Provincia di Foggia;

8.702 nella Provincia di Lecce;

14.017 nella Provincia di Taranto;

556 attribuiti a residenti fuori regione;

108 provincia di residenza non nota.

I Dipartimenti di prevenzione delle Asl hanno attivato tutte le procedure per l'acquisizione delle notizie anamnestiche ed epidemiologiche, finalizzate a rintracciare i contatti stretti.

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Il prossimo 23 febbraio sarà esattamente un anno che le sale da ballo, le discoteche ed i disco-pub sono chiusi, per effetto dei provvedimenti del Governo.

Siamo a casa da troppo tempo ed al forte disagio economico, ora si unisce anche quello psicologico. La situazione non è drammatica, é tragica!

E purtroppo le previsioni sono tutt’altro che rassicuranti. Ecco perché non sappiamo più come e cosa fare. Ormai è un gioco al massacro !

Alcuni hanno  avuto una  boccata di ossigeno con la breve apertura estiva (di luglio e agosto), con le dovute restrizioni e con gli adeguamenti per il rispetto delle regole imposte. Eravamo tutti speranzosi nella possibilità di poter riaprire durante le festività natalizie,  ma la “favola” e la “speranza “ sono durate poco. É stato ed è il buio totale e ci sono tutti i presupposti perché si resti chiusi due anni!

Ogni giorno riceviamo chiamate dai colleghi e sinceramente  non sappiamo più cosa dire, se non parole piene di insicurezza! Ma riceviamo anche chiamate da tanti nostri clienti.  Persone che si sentono private dei loro luoghi di incontro, di svago e di aggregazione; gente che si sente derubata della socialità e del vivere momenti di confronto e conoscenza con allegria!!!

Purtroppo c’è chi non riaprirà perché ormai non ce la fa più. Ad esempio, c’è un collega proprietario di un locale nel Salento  che chiude e svende gli arredi e le attrezzature...si è arrivati a questo punto!!!

I ristori, per chi li ha ricevuti, sono meno di un’aspirina per una polmonite. Come si fa a stare in piedi in questo modo? I locali chiuderanno e saranno venduti (se ci sarà un acquirente) a meno della metà del loro reale valore, magari a persone e/o società non del tutto equilibrate e dal comportamento corretto e professionale come quello che abbiamo dimostrato noi nel tempo (c’è il reale rischio!). Siamo dentro una tragedia  e l’aspetto grave è che ancora non si vede uno spiraglio di luce... l’emergenza continuerà ancora per mesi!!!  Finora riscontriamo solo dibattiti, tavoli di confronto in cerca di soluzioni... tante parole e parole senza la possibilità che diventino “fatti”! Ed è per questo che ci rivolgiamo pubblicamente, a nome di tutti i proprietari, gestori di discoteche, sale da ballo e disco-pub della provincia di Brindisi associati Silb/Fipe,  al Presidente della Regione Puglia  Michele Emiliano ed a tutti i suoi Assessori, affinché si prenda esempio dalle  altre Regioni (come la Liguria, l’Emilia Romagna, ecc. ) e si conceda un aiuto economico a fondo perduto creato ad hoc per discoteche, sale da ballo e disco-pub. Un contributo economico che ci consenta di tenere fede a tutti i pagamenti tributari del 2020 e 2021 e che compensi almeno in parte il mancato guadagno del 2020.

In caso contrario per tanti di noi sarà la fine.

Massimo Roger Greco – delegato Silb-Fipe/Confcommercio della provincia di Brindisi

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In mattinata ho partecipato ad un sit-in di protesta organizzato dalla Cgil per chiedere una proroga immediata dei contratti riguardanti 141 OSS della provincia di Brindisi.
Si tratta di una rivendicazione assolutamente condivisibile, tanto più perché il decreto “Milleproroghe” lascia una porta aperta alla proroga dei contratti (in scadenza il prossimo 31 gennaio) per gli operatori della graduatoria del 2009 ed alla conseguente stabilizzazione.
Lunedì mattina ho convocato la III Commissione consiliare della Regione Puglia che presiedo, alla presenza dell’Assessore alla Sanità Pier Luigi Lopalco e del Direttore del Dipartimento Salute e Benessere Vito Montanaro. In tale occasione verificheremo ogni possibile soluzione al problema che riguarda, ovviamente, l’intera regione Puglia. Proprio per questo, sto acquisendo ulteriori elementi per affrontare in maniera complessiva questa vicenda.
Anche oggi, nel corso dell’incontro con questi lavoratori – svoltosi nell’ospedale Perrino – ho manifestato la mia profonda gratitudine nei confronti di persone che hanno messo a repentaglio la propria vita nel corso dell’emergenza sanitaria in atto e che continuano a farlo con abnegazione e professionalità.

Mauro Vizzino – Presidente III Commissione consiliare della Regione Puglia

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