Coronavirus. I medici di base: la guerra si combatte sul territorio In evidenza

Marzo 27, 2020 1591

medico-“La guerra contro il Coronavirus si combatte principalmente sul territorio

non solo negli ospedali o nei reparti di terapia intensiva come spesso si sente dire. L’epidemia si affronta sul territorio che è l’avamposto degli ospedali, se riusciamo a fermarla sul territorio vinciamo la sfida”. È questo l’incipit di una lettera aperta che un gruppo di medici di base di Mesagne ha scritto affinché le istituzioni sanitarie e civiche possano maggiormente tutelarli e aiutarli in un momento di grave difficoltà sociale. Secondo i medici di base il problema dei posti di rianimazione o respiratori di cui si parla in questo periodo, ovviamente utilissimi, “non regge da solo se non si potenzia e si armonizza il territorio che è la prima trincea dove si combatte una battaglia strategica. Se pensiamo di affrontare il problema solo con gli ospedali è una partita persa a priori”. Per i medici di famiglia, infatti, “se funziona il lavoro di prevenzione e di filtro sul territorio meno ammalati vanno in ospedale e in rianimazione. E necessario, quindi, concentrare gli sforzi per far meglio funzionare il territorio; non esistono posti letto per tutti, non c’è ossigeno per tutti in rianimazione, non solo. Con quello che costa un posto di rianimazione, spendendo molto meno sul territorio in modo più oculato, possiamo fermare il virus nel giro di poche settimane”. I medici di base, inoltre, lamentano una mancanza di dispositivi di protezione individuali. “In questa fase – hanno scritto - non servono eroi, ma medici consapevoli del rischio, prudenti, diligenti, consapevoli che un errore medico, in questa fase di prevenzione-isolamento-cura, può scatenare una valanga di conseguenze negative molto pericolose nella comunità. Purtroppo finora i medici di medicina generale non hanno ricevuto alcun tipo di dispositivo di sicurezza dall’Asl”. Altra criticità messa in evidenza dai medici è di abbattere i tempi di analisi dei tamponi. “E’ necessario – hanno proseguito - fare più tamponi sul territorio per scovare i soggetti asintomatici. Si è compreso che i più pericolosi sono i soggetti asintomatici portatori di virus, e non sono pochi. Questi vanno individuati e isolati. Vanno testati tutti i contatti dei pazienti positivi, vanno individuati a loro volta i positivi ed eventualmente isolati al più presto”. Oggi nell’Asl di Brindisi accade che “da quando è denunciato un caso a quando si riceve la risposta del tampone passa una settimana, si comprende bene che una settimana, per quanto il soggetto interessato sia isolato, è troppo lunga per i rischi legati ai contatti positivi, ma inconsapevoli”. Un chiaro esempio è il tampone fatto venerdì a un vigile urbano che fino a ieri pomeriggio non aveva ancora ricevuto l’esito. “Il dipartimento di Prevenzione della Asl è surclassato di richieste, quindi o si potenzia il personale e le linee telefoniche, oppure si demanda il servizio ai distretti, spalmando il lavoro sui quattro distretti sanitari”, hanno sottolineato i medici nella loro nota epistolare, ricordando che gli stessi “devono essere messi in condizione di continuare a svolgere un ruolo strategico che porta a vincere la battaglia contro il Covid19. Quanto prima si risolve il problema sanitario tanto prima riparte l’economia”.  

Ultima modifica il Venerdì, 27 Marzo 2020 10:36