Mesagne: l'altra verità su Marcella Di Levrano In evidenza

Luglio 29, 2019 3801

di levrano marcella il luogo dove fu uccisaE’ stata una giornata piuttosto commovente

quella che hanno trascorso i campisti di Libera nel luogo dove fu assassinata Marcella Di Levrano, all’interno del bosco dei Lucci, tra Mesagne e Brindisi. Era il 5 aprile 1990 quando una mano assassina della Scu pose fine alla sua giovane vita a colpi di pietra. La giornata commemorativa al bosco è stata organizzata da “Libera associazione” di Mesagne, mentre il campo di “formazione alla legalità alla memoria e all’impegno sui beni confiscati alle mafie” è gestito dalla cooperativa "Libera Terre di Puglia". bracchetti carlo proprietarioInteressante l’incontro con il proprietario del bosco, l’ingegnere navale Carlo Bracchetti, che ha raccontato l’episodio dell’uccisione di Marcella e poi ha mostrato il luogo dove due sodali l’avrebbero seppellita se non fossero stati scoperti dal custode del parco. Marcella Di Levrano, 26 anni, scomparve la sera dell’8 marzo 1990, nella giornata dedicata alla donna. La ritrovarono il successivo 5 aprile, di pomeriggio, nel bosco dei Lucci a Mesagne, la città dove era nata e cresciuta. Jeans, maglietta, accanto ancora il masso usato dall’assassino, dagli assassini. Irriconoscibile. Il 18 aprile avrebbe compiuto 26 anni. A casa, ad attenderla, una bimba di sei. La sua bimba. Nessuno pagherà per quel delitto. Nessun imputato, nessun colpevole. Niente. Molte parole, quelle dei collaboratori. Molti sospetti, quelli degli investigatori. Dopo 29 anni quell’omicidio è rimasto ancora una cold case. La storia di Marcella ha sconvolto i volontari di Libera giunti dal Nord Italia per visitare i luoghi dove la Sacra corona unita ha spadroneggiato per anni e apprendere con quale coraggio le popolazioni locali hanno messo in campo gli anticorpi che hanno permesso di sviluppare una solida antimafia sociale. Oggi, infatti, la cultura della legalità in questi luoghi è pregnante. Intanto, il racconto dell’ingegnere Bracchetti fa ulteriore luce sull’omicidio di Marcella. Un omicidio che doveva diventare una “lupara bianca” e che, solo per caso, non lo è stato. A questo punto è logico sospettare che l’intero bosco possa essere stato utilizzato, in quegli anni bui, dai sodali della Scu per seppellire, o meglio far sparire, persone scomode. Per quel che si sa all’epoca non furono eseguiti controlli nell’area. Né tanto meno in quegli anni c’erano le tecnologie odierne che permettono di scandagliare il terreno sottostante e vedere cosa c’è al di sotto dello strato superficiale. Pertanto, il bosco potrebbe essere la tomba di altri omicidi irrisolti, come lo è per i tanti cani morti che sono stati seppelliti in quel luogo lussureggiante e pieno di vita vegetale. libera volontari campi formazioneIl racconto dell’ingegnere Bracchetti parte dalla mattina del 5 aprile 1990, un giovedì, quando un suo dipendente in giro nel bosco per alcuni lavoretti si accorge che a poca distanza ci sono due uomini intenti a calare in una buca, scavata precedentemente, un corpo inanime. I due, scoperti, fuggono mentre il custode fugge dall’altra parte in preda al panico. Non riesce a parlare. Tuttavia, riesce a raccontare, pur tra molte difficoltà, il tutto a un suo amico guardiano che allerta i carabinieri. Ciò che è avvenuto dopo è la storia che tutti conoscono. Tra i primi che arrivarono sul posto c’era anche “Trottolino”, nome in codice di un carabiniere, facente parte di una squadra anti Scu, colui al quale Marcella aveva posto le speranze per uscire dal giro in cui si era venuta a trovare. Gli allora mezzi a disposizione degli investigatori non erano stati sufficienti a salvare la vita della ragazza. Ora, in tanta bellezza della natura, rimane solo il ricordo di quel terribile evento criminoso.