Redazione

In Puglia 2629 beni immobili  confiscati dal 1982, il 58% sono stati destinati dall’Agenzia nazionale per le finalità istituzionali e sociali, il 42% rimangono ancora da destinare, 221 le aziende confiscate di queste il 50% è stata già destinata alla vendita o alla liquidazione, all'affitto o alla gestione da parte di cooperative formate dai lavoratori delle stesse; La provincia di Bari con il maggior numero di beni destinati 495, La provincia di Lecce sono ancora 265 i beni da destinare. Libera presenta il dossier Fattiperbene la fotografia del riutilizzo sociale dei beni confiscati in Italia in occasione dei 25 anni  dall'approvazione della legge n.109 del 7 marzo 1996. Censimento di Libera delle esperienze di riutilizzo sociale dei beni confiscati: sono 867 soggetti diversi (come associazioni e cooperative sociali) impegnati nella gestione beni immobili confiscati alla criminalità organizzata. Sono 89 le realtà censite in Puglia.

 Sono 2629 i beni immobili (particelle catastali)  confiscati dal 1982 ad oggi in Puglia, il 58%  sono stati destinati dall’Agenzia nazionale per le finalità istituzionali e sociali, il 42% rimangono ancora da destinare. La provincia di Bari risulta quella con il maggior numero di beni confiscati destinati per finalità istituzionali e sociali con 495 beni mentre sono 211 quelli ancora da destinare; segue la provincia di Brindisi  con 452 beni destinati e 95 ancora da destinare. La provincia di Lecce risulta quella con il maggior numero di beni confiscati da destinare(265). Sono invece 221 le aziende confiscate di queste il 50% è stata già destinata alla vendita o alla liquidazione, all'affitto o alla gestione da parte di cooperative formate dai lavoratori delle stesse.  Anche qui la provincia di Bari risulta quella con maggior numero di aziende già destinate alla vendita o alla liquidazione, all'affitto o alla gestione da parte di cooperative formate dai lavoratori delle stesse( 34) mentre sono 35 quelle ancora in gestione  presso l'Anbsc.

Libera presenta il dossier Fattiperbene la fotografia del riutilizzo sociale dei beni confiscati in Italia in occasione dei 25 anni dall'approvazione della legge n.109 del 7 marzo 1996.

A venticinque anni dall’approvazione della Legge 109 del 1996- commenta Libera-  è certamente possibile fare un bilancio sul riutilizzo sociale dei beni confiscati in Italia, evidenziando innanzitutto le positività di un percorso e di tante esperienze nate grazie alla presenza di beni - immobili, mobili e aziendali - sottratti alla disponibilità delle mafie, delle varie forme di criminalità economica e finanziaria (dal riciclaggio all’usura, dal caporalato alle ecomafie) e di corruzione. Beni che sono diventati opportunità di impegno responsabile per il bene comune. Ma il contributo che il sempre più vasto patrimonio dei beni mobili, immobili e aziendali sequestrati e confiscati alle mafie, alla criminalità economica e ai corrotti può apportare agli sforzi per assicurare una ripresa nel nostro Paese post pandemia, sarebbe sicuramente maggiore se tutti i beni fossero rapidamente restituiti alla collettività e le politiche sociali diventassero una priorità politica a sostegno dei diritti all’abitare, alla salute pubblica, alla sostenibilità ambientale, al lavoro dignitoso ed ai percorsi educativi e culturali.

Nel dossier Libera elabora i dati dell'Agenzia Nazionale:sono 36.616 i beni immobili (particelle catastali) confiscati dal 1982 ad oggi. Circa 17.300 sono stati destinati dall’Agenzia nazionale per le finalità istituzionali e sociali mentre sono 19.309 beni immobili in gestione all’Agenzia (dati aggiornati al 2 marzo 2021), di cui più di 11.000 confiscati in via definitiva (dati al 31 dicembre 2019) e che rimangono ancora da destinare perché presentano varie forme di criticità (per quote indivise, irregolarità urbanistiche, occupazioni abusive e per condizioni strutturali precarie) oppure restano accantonati in attesa delle verifiche dei creditori. Secondo una ricognizione avviata nel corso del 2019 dall’Agenzia nazionale su un campione di indagine di circa 6.000 beni immobili destinati alle amministrazioni comunali, dai riscontri pervenuti su 2.600 beni, risulta che soltanto poco più della metà dei beni è stato poi effettivamente riutilizzato. Dalle relazioni annuali dei Commissari straordinari di Governo e dell’Agenzia nazionale è possibile anche tracciare l’andamento storico delle confische e delle destinazioni, a partire dal 1982 fino ad oggi.

In particolare, dal 1982 al 1996 ci sono state 1263 confische e 34 destinazioni: erano i primi anni di applicazione della legge Rognoni - La Torre, durante i quali non era ancora in vigore la legge per il riutilizzo sociale. Nella seconda decade, dal 1996 al 2008 aumentano notevolmente i numeri e nel solo anno 2001 si arriva addirittura a 1023 confische e 315 destinazioni. Negli anni successivi fino al 2019, ultimo anno per cui si dispone della relazione dell’Agenzia, viene riportato solo il dato relativo alle destinazioni, che raggiunge le 1512 nel 2019. L’andamento storico delle destinazione dei beni mobili registrati è tracciabile dal 1982: nella relazione 2017-2018 dell’Agenzia nazionale, infatti, viene riportato che fino al 2018 sono stati destinati 3.829 beni mobili di diversa tipologia, con queste percentuali: Distruzione/Demolizione: 42.07%; Comodato gratuito: 20,55%; Vendita: 18,65%; Assegnazione forze dell’ordine:14,60%; Cessione ai VVFF e soccorso pubblico 4,12%.

Sul fronte delle aziende- commenta Libera- la maggior parte delle aziende confiscate giungono nella disponibilità dello Stato prive di reali capacità operative e sono spesso destinate alla liquidazione e chiusura, se non si interviene in modo efficace nelle fasi precedenti. Molte però sono scatole vuote, società cartiere o paravento per le quali risulta impossibile un percorso di emersione e continuità produttiva. Su un totale di 4.384 aziende confiscate dal 1982 ad oggi, quelle destinate sono state quasi tutte liquidate. Ne rimangono in gestione all’Agenzia altre 2.919. Di queste però, secondo i dati risalenti a un anno fa, 1.931 aziende erano in confisca definitiva e solo 481 risultavano attive. Come nel caso degli immobili, anche per le aziende confiscate è possibile rintracciare una progressione storica delle destinazioni: è interessante come negli anni dal 2008 al 2019 si sia passati dalle 5 del 2010 alle 441 del 2019. 

“In questi 25 anni – commenta Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera- abbiamo assistito a un lavoro straordinario: il lavoro della magistratura e delle forze di polizia per individuare i beni frutto degli affari sporchi delle mafie, e renderne operativa la confisca; il lavoro di associazioni ed enti pubblici per restituire davvero quei beni alla gente, trasformandoli in scuole, commissariati, centri aggregativi per giovani e anziani, realtà produttive che offrono lavoro pulito e rafforzano il tessuto sociale ed economico dei territori. Un enorme lavoro corale, insomma, che dopo 25 anni ci chiede però uno scatto ulteriore di impegno, intelligenza e determinazione. La legge può essere migliorata, potenziata sia nel dispositivo che soprattutto nell’attuazione. C’è una debolezza strutturale dello Stato nei confronti delle mafie che vive di lungaggini burocratiche, disordine normativo, competenze non sempre adeguate. Non possiamo permettere che tutto questo si traduca in un messaggio pericoloso: cioè che la 109 è un bluff, uno specchietto per le allodole, nient’altro che un giocattolino per illudere gli onesti.”

Nel dossier Libera ha mappato le esperienze di riutilizzo dei beni confiscati per finalità sociali per  raccontare una nuova Italia, che si è trasformata nel segno evidente di una comunità alternativa a quelle mafiose, che immagina e realizza un nuovo modello di sviluppo territoriale. Libera ha censito 867 soggetti diversi del terzo settore impegnati nella gestione di beni immobili confiscati alla criminalità organizzata, ottenuti in concessione dagli enti locali, in ben 17 regioni su 20. In Puglia sono stati censiti 89 realtà sociali che gestiscono beni confiscati alle mafie. Mediamente nel campione del censimento di Libera tra il sequestro e l'effettivo riutilizzo sociale trascorrono ben 10 anni.

A venticinque anni di distanza dall’approvazione della legge per il riutilizzo sociale, oggi presa a modello in Europa ed a livello internazionale come Libera  evidenziamo alcuni punti rispetto ai quali chiediamo:

Mafie e corruzione stanno approfittando sempre di più dell’emergenza sanitaria e della crisi economica e sociale, per questo chiediamo l’effettiva estensione ai "corrotti" delle norme su sequestri e confische previste per gli appartenenti alle mafie, con la loro equiparazione e l’attuazione della riforma del codice antimafia nelle sue positive innovazioni.

L'assegnazione di adeguati strumenti e risorse agli uffici giudiziari competenti e all'Agenzia nazionale in tutto il procedimento di amministrazione dei beni, prevedendo il raccordo fra la fase del sequestro e della confisca fino poi alla destinazione finale del bene ed assicurando il necessario supporto agli enti locali.

La piena accessibilità delle informazioni sui beni sequestrati e confiscati e la promozione di percorsi di progettazione partecipata del terzo settore e di monitoraggio civico dei cittadini.

La destinazione di una quota del Fondo Unico Giustizia, delle liquidità e dei capitali confiscati ai mafiosi e ai corrotti, per rendere fruibili i beni mobili ed immobili e sostenere la continuità delle attività aziendali, tutelandone i lavoratori, nonché per dare supporto a progetti di imprenditorialità giovanile, di economia e inclusione sociale e

L'utilizzo delle risorse previste per la valorizzazione sociale dei beni confiscati nella proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza Next Generation Eu, assicurando un percorso di trasparenza e di partecipazione civica nella progettazione e nel monitoraggio.

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Sono stati rinvenuti e restituiti ai legittimi proprietari, anche tre veicoli, precisamente un’Alfa Mito, rubata poche ore prima nel parcheggio dell’ospedale Perrino e due trattori agricoli, rubati il giorno 3 u.s. da un’azienda agricola brindisina.

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L’attività dell’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico, nella giornata di ieri, si è concretizzata nel rinvenimento di una pistola semiautomatica, sulla litoranea Nord di Brindisi, immersa nell’acqua, nei pressi della riva. La segnalazione era giunta alla Sala Operativa  da parte di un uomo che stava facendo una passeggiata sulla battigia. Sono in corso accertamenti per risalire alla marca, al calibro ed alla matricola della pistola, corrosa dall’azione erosiva del mare.

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Arrestato M.C. di anni 25, poiché responsabile di rapina ai danni di una ragazza. La donna, dopo aver parcheggiato l’auto, mentre era in procinto di raggiungere la propria abitazione in Brindisi, veniva raggiunta alle spalle da un soggetto che le tirava i capelli  e cercava di strapparle la borsa. L’uomo, impossessatosi della borsa, contenente effetti personali e la somma di € 300,00, si dirigeva versa la sua autovettura che aveva lasciato con il motore acceso e lo sportello lato guida aperto. La malcapitata lo inseguiva nel tentativo di riprendersi quanto rubato, ma il reo inseriva la marcia e riusciva a dileguarsi, urtano con la carrozzeria le gambe della donna.

Immediatamente un equipaggio della Sezione Volanti si recava sul posto della rapina dove riceveva le descrizioni del reo e del veicolo usato per la fuga. Le notizie apprese venivano subito trasmesse agli altri equipaggi presenti sul territorio che, pochi minuti dopo, notavano una persona sospetta in Piazza Vittorio Emanuele II, alla guida di un’autovettura simile a quella descritta dalla rapinata. Quindi procedevano al controllo ed immediatamente rinvenivano la borsa rubata, all’interno dell’abitacolo, occultata sotto il sedile lato guida. Pertanto l’uomo, condotto negli uffici della Sezione Volanti per le formalità di rito, veniva arrestato e condotto presso la locale Casa Circondariale. La borsa, con l’intero contenuto, veniva restituita alla proprietaria.

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Da Filomena Schiena, Segretaria CGIL Brindisi. 

 
L'8 marzo sarà celebrato nel pieno dellemergenza COVID, questo ci obbliga a ripensare le modalità tradizionali con cui negli anni passati come sindacato lo abbiamo celebrato.
 
Cogliamo quindi loccasione per una riflessione più approfondita, sul pensiero delle donne e la loro forza in un contesto così difficile come quello della pandemia. La storia e la rappresentazione delle donne, il lungo cammino che hanno percorso e lattualità, segnata dallemergenza sanitaria, le vede confrontarsi ancora, e purtroppo, con un lavoro non ancora paritario e segnato da forti discriminazioni. 
 
Giusto per citare un dato: le donne, a parità di mansioni, continuano a guadagnare di meno degli uomini. Senza contare la violenza o le molestie che subiscono sui posti di lavoro e questo solo perché donne. Tra le diverse forme di violenza quella nel mondo del lavoro è sicuramente la più difficile da contrastare e forse anche quella meno quantificabile. Pochissime, purtroppo, le denunce. Una violenza che noi definiamo sottile, particolarmente complessa e delicata ma non per questo meno presente, come si evince dagli attuali indicatori di riferimento. 
 
Chiaro che cè un problema che è principalmente culturale e quindi bisogna impegnarsi di più in campagne di sensibilizzazione a vastissimo raggio verso tutti gli ambiti sociali a cominciare dalle scuole perché la socializzazione al genere inizia dalla nascita e continua durante linfanzia, ma anche le aziende hanno un ruolo fondamentale nelle campagne di comunicazione e di formazione contro gli stereotipi. E poi cè il sindacato che da anni si batte per la difesa dei diritti delle donne in tutti gli ambiti, soprattutto in quello lavorativo. 
 
La CGIL di Brindisi, dopo lapertura dello sportello salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, che è di supporto a tutti i lavoratori per la gestione delle problematiche relative alla salute e sicurezza sul lavoro, a breve aprirà anche uno sportello di ascolto contro le molestie, la violenza e le discriminazioni di genere sui luoghi di lavoro, con lobiettivo di offrire supporto anche di natura legale a chi, donna o uomo, subisce discriminazioni, molestie o violenze sul lavoro.  
 

Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano sulla base delle informazioni del direttore del dipartimento Promozione della Salute Vito Montanaro, informa che oggi venerdì 5 marzo 2021 in Puglia, sono stati registrati 10.530 test per l'infezione da Covid-19 coronavirus e sono stati registrati 1.418 casi positivi: 610 in provincia di Bari, 64 in provincia di Brindisi, 93 nella provincia BAT, 169 in provincia di Foggia, 198 in provincia di Lecce, 273 in provincia di Taranto, 3 casi di residenti fuori regione. 8 casi di provincia di residenza non nota.

Sono stati registrati 19 decessi: 9 in provincia di Bari, 1 in provincia di Brindisi, 2 in provincia BAT, 1 in provincia di Foggia, 2 in provincia di Lecce, 3 in provincia di Taranto, 1 residente fuori regione.

Dall'inizio dell'emergenza sono stati effettuati 1.603.289 test.

114.497 sono i pazienti guariti.

34.250 sono i casi attualmente positivi.

Il totale dei casi positivi Covid in Puglia è di 152.819, così suddivisi:

58.899 nella Provincia di Bari;

16.049 nella Provincia di Bat;

11.258 nella Provincia di Brindisi;

30.178 nella Provincia di Foggia;

13.039 nella Provincia di Lecce;

22.604 nella Provincia di Taranto;

605 attribuiti a residenti fuori regione;

187 provincia di residenza non nota.

I Dipartimenti di prevenzione delle Asl hanno attivato tutte le procedure per l'acquisizione delle notizie anamnestiche ed epidemiologiche, finalizzate a rintracciare i contatti stretti.

30° ESODO ALBANESE IN PUGLIA – ARESTA (M5S) : “ FU UN ABBRACCIO COLLETTIVO, IL TERRITORIO SUPPLI’ A RITARDI STATO”. 

“Il 30° anniversario dell’esodo albanese sulle coste pugliesi è una straordinaria occasione per ricordare la solidarietà e la fratellanza con cui i cittadini accolsero 27 mila uomini e donne in fuga da un regime morente. Lo Stato si fece trovare due volte impreparato: per non aver capito cosa stava accadendo ad appena 60 miglia dalle nostre coste e per i ritardi negli aiuti. Toccò alle città di Brindisi e della sua provincia farsi carico di queste persone e lo fece con una generosità unica aprendo le proprie case, le scuole, ogni luogo dove potevano essere accolti.” Lo afferma, in una dichiarazione, Giovanni Luca Aresta, parlamentare del M5S e a quel tempo scout​ dell’Agesci e volontario della Caritas di Brindisi.

“Ho ricordi vivissimi di quelle giornate – prosegue Aresta -​ ​ passai con gli altri volontari molte ore nel porto di Brindisi e nelle scuole che finalmente vennero aperte e messe a disposizione di questa folla disperata. In quei volti vedevamo una umanità che cercava una speranza e un futuro migliore. Fu un abbraccio collettivo.”

“Con il popolo albanese, anche grazie a quell’abbraccio, abbiamo costruito un rapporto straordinario – prosegue il parlamentare – e tutti noi abbiamo ancora negli occhi il contingente di medici ed infermieri albanesi inviati in Lombardia, epicentro della prima ondata del Covid-19, per aiutare il nostro sistema sanitario a fronteggiare la pandemia. La solidarietà chiama altra solidarietà, il legame che si crea tra i popoli è più forte di tante polemiche propagandistiche sui porti chiusi o sui respingimenti in mare.”

“Benvenuto nella nostra terra al primo ministro della Repubblica di Albania Edi Rama che domani sarà a Brindisi - conclude Aresta – segno visibile del sentimento di riconoscenza nei confronti della popolazione dei comuni del territorio e dei valori di fratellanza, accoglienza e solidarietà.”

 

Nel corso della notte, circa 80 uomini della Polizia di Stato, coordinati dalla Procura della Repubblica di Brindisi, hanno proceduto all’arresto di nr. 9 persone, destinatarie di un provvedimento di misura cautelare, di cui nr. 4 in regime di custodia in carcere e nr. 5 in regime di custodia domiciliare. 

 
Il provvedimento, emesso dall’Ufficio G.I.P. del Tribunale di Brindisi, su richiesta del Sostituto Procuratore - Dott. P. Montinaro - con il quale sono stati disposti gli odierni provvedimenti cautelari, ha consentito di assestare un durissimo colpo all’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di più delitti di appropriazione indebita di autovetture di grossa cilindrata e di notevole valore economico ai danni di ignare società del settore e autoriciclaggio dei proventi dei delitti.
 
La misura cautelare è stata eseguita da personale del Commissariato di P.S. di Ostuni, unitamente a personale della Squadra Mobile della Questura di Brindisi e della Squadra Mobile di Milano, coadiuvato da numerosi equipaggi dei Reparti Prevenzione Crimine di Lecce e Bari, nonché con l’ausilio di unità cinofile e artificieri nonchè del Reparto Volo di Bari, nei confronti di sodali ritenuti responsabili dei delitti di associazione per delinquere finalizzata all’appropriazione indebita di autovetture, riciclaggio e autoriciclaggio. 
 
Il gruppo criminale inquisito risulta estremamente coeso, strutturalmente complesso ed altamente organizzato. Il metodo criminale che l’indagine ha cristallizzato è pedissequamente quello tipizzato dall’art. 416 del codice penale. Le indagini hanno fatto emergere l’esistenza di un’associazione per delinquere connotata dalla stabilità del vincolo associativo, attesa la durata nel tempo dei delitti, monitorati per circa due anni, la suddivisione dei ruoli tra gli indagati, la disponibilità di una base logistica e una “cassa” comune, la indeterminatezza del programma criminoso i cui delitti non sono stati preventivamente stabiliti, bensì decisi di volta in volta, in esecuzione del pactum sceleris. 
 
Gli indagati, dopo aver noleggiato veicoli di grossa cilindrata da varie società di locazione finanziaria, servendosi dello schermo di alcune società fittiziamente create, si rendevano inadempienti a contratto di noleggio, conducendo l’auto all’estero per rivenderla a terzi acquirenti o comunque facendone perdere le tracce.   
 
Le indagini hanno avuto origine da alcune denunce querele per appropriazione indebita di autovetture presentate da alcune società di noleggio sfociate nell’emissione di alcuni decreti di sequestro preventivo delle autovetture interessate. Tali episodi, concernenti peraltro autovetture di rilevante valore commerciale, riconducibili ad uno degli odierni indagati, insospettivano sin da subito gli organi inquirenti, tenuto anche conto che lo stesso era conosciuto come semplice manovale edile che non palesava un tenore di vita alto. Successivi accertamenti, anche sulla documentazione prodotta in occasione della stipula dei contratti di noleggio, consentivano di rilevare il coinvolgimento di società fittizie, di altri soggetti odierni indagati e soprattutto la sussistenza di altre operazioni analoghe poste in essere dalla medesima società fittizia e con lo stesso modus operandi. Si accertava quindi la serialità delle condotte e l’unicità del disegno criminoso perseguito dal gruppo criminale finalizzato a defraudare le società sia dei guadagni rivenienti le offerte di noleggio proposto e sia del capitale (autovettura) di cui si perdeva ogni traccia. Gli approfondimenti investigativi hanno consentito, altresì, di individuare il luogo, un ufficio che fungeva da vero e proprio “quartier generale”, in cui il gruppo criminale era solito riunirsi, pianificare le operazioni illecite, le attività da porre in essere e le società da utilizzare a tal fine. 
 
Il modus operandi utilizzato dai membri dell’associazione per delinquere corrisponde ad una strategia criminale schematizzata, sempre più perfezionata, ripetuta ciclicamente, che può essere quindi sintetizzata in tali fasi: 1) ottenere il possesso di prestigiose autovetture di significativo valore economico; 2) inadempimenti nei pagamenti dei canoni mensili di locazione, cui seguivano diffide e la risoluzione contrattuale; 3) appropriazione delle autovetture e inizio della trattativa per la vendita delle stesse con l’aiuto di intermediari consapevoli della provenienza illecita dei veicoli e ben collegati a potenziali compratori di paesi oltre confine; 4) cessione dei veicoli oltre i confini nazionali, rendendoli in tal modo irrintracciabili, dietro corresponsione di compensi illecitamente pattuiti.
 
L’attività di indagine ha riguardato quindici autovetture oggetto di appropriazione indebita, per un giro d’affari di circa €. 600.000, alcune delle quali ritrovate fuori dai confini nazionali (Francia, Belgio e Germania) e quindi riconsegnate alle società proprietarie, altre sottoposte a sequestro, mentre di alcune vetture si sono perse le tracce. 

L’organizzazione criminale è così costituita:
ERRICO Giacomo, classe ’66, ostunese, considerato il capo della consorteria criminale ha promosso, organizzato e diretto l’associazione, utilizzando società precostituite agli scopi, intestate a prestanomi, da lui ideate e dirette, allo scopo di stipulare contratti di noleggio di autovetture di grossa cilindrata.
CANTORE Gennaro, classe ’71, ostunese - promotore ed organizzatore dell’associazione - si occupava, in particolare, della gestione dei mezzi noleggiati, custodendoli e della loro vendita all’estero e delle risorse economiche del gruppo, fornendo, altresì, assistenza negli spostamenti quotidiani del capo.
SASSO Gaetano, classe ’72, ostunese - promotore ed organizzatore dell’associazione – impegnato perlopiù delle formalità fiscali delle società all’uopo costitute e di quelle burocratiche.
MORO Ottavio, classe ’63, ostunese - promotore ed organizzatore dell’associazione – aveva il compito di organizzare l’attività illecita e di seguirne gli sviluppi, fino allo spostamento all’estero delle vetture.
LACORTE Giuseppe, classe ’92, ostunese – partecipe all’associazione - fungeva da prestanome per conto del capo in una società allo stesso riconducibile, stipulando i contratti di noleggio di diversi veicoli.
VINCENTI Angelo, classe ’73, ostunese - partecipe all’associazione - legale rappresentante di una società fittizia, appositamente costituita per realizzare le condotte delittuose, stipulando i contratti di noleggio di diversi veicoli.
LANZILLOTTI Damiano, classe ’77, ostunese - partecipe all’associazione – si occupava materialmente del ritiro dei veicoli dalle società noleggiatrici e della consegna degli stessi ad altri correi, provvedendo anche all’alterazione dei documenti per consentirne la vendita all’estero.
ANDRIOLA Antonio, classe ’70, ostunese, partecipe all’associazione - fungeva da intermediario nelle trattative di compravendita dei veicoli nella disponibilità del sodalizio, smistando le autovetture e gestendo i rapporti economici con gli acquirenti.
ANCONA Martino, classe ’63, residente in provincia di Milano, partecipe all’associazione - si occupava delle trattative di acquisto dei veicoli che venivano poi trasferiti all’estero.
Gli indagati hanno dimostrato di possedere una spiccata capacità criminale e propensione al reato essendosi dimostrati essere assai inclini al crimine, cui si approcciano con estrema disinvoltura e professionalità, evidenziando una spiccata capacità organizzativa ed una ‘intelligenza criminale’ fuori dal comune.   
 
Il coinvolgimento di ERRICO Giacomo, capo indiscusso dell’associazione per delinquere, conferisce grande rilevanza al sodalizio criminale, laddove si consideri la caratura criminale e i numerosi precedenti penali e di polizia dello stesso, in materia di contrabbando, estorsione, ricettazione, stupefacenti, resistenza a P.U., lesioni personali ed introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi. 
Lo stesso ERRICO ha partecipato attivamente alla realizzazione delle operazioni di natura illecita, elaborando e mettendo in gioco la società “GL BIG STOCK” intestata (figurativamente) al cognato LACORTE Giuseppe. Si colloca come “figurato” operaio facente funzioni di magazziniere; prima ancora della cessione di detta società (e dopo che era stata impiegata nella stipula di vari contratti di locazione finanziaria di veicoli di significato valore), di concerto con i restanti del gruppo, ha ideato e realizzato l’apertura di una nuova società, ove ha occupato la nuova mansione di addetto alle vendite, sotto l’insegna “BIG STOCK ARREDAMENTI S.r.l.s.” (avente ad oggetto la vendita di mobili e arredi), avviata in data 08.01.2019, svolta sempre nei medesimi locali e tipologie di mercato, in seno alla quale ricopre la carica di socio M.O., anch’egli indagato (titolare di quote al 90%).
 
L’odierna operazione è diretta a rafforzare l’azione di contrasto alle condotte illecite connotate da maggiori profili di insidiosità e gravità che generano un diffuso allarme sociale tra la popolazione. 
La costante presenza sul territorio ostunese della Polizia di Stato, sia dal punto di vista preventivo che repressivo, risulta essere garanzia di legalità e di sviluppo del territorio.

Interessante scoperta quella che è stata fatta ieri mattina a Mesagne durante i lavori di scavo per la posa di una condotta fognante. Durante lo scasso la benda di un mezzo meccanico ha fatto riaffiorare una tomba terragna e lo scheletro del defunto lì sepolto. Ma la scoperta ancora più interessante è che durante l’allargamento di questo scavo è stato intercettato il selciato di una strada antica. Fin qui nulla di così stravolgente se non fosse che lo scavo, e i relativi rinvenimenti, si trovano a circa dieci metri dall’attuale via Appia. Logico, quindi, pensare, e sperare, che il selciato possa far parte dell’antica strada romana e se non è proprio l’antica via Appia possa essere una sua pertinenza come, ad esempio, qualche strada di servizio. L’area è stata delimitata e sul posto sono giunti gli archeologici che sovrintendono i lavori che hanno trasmesso la notizia alla Soprintendenza archeologica, alle Belle arti e Paesaggio di Brindisi e Lecce.

Dunque, giornata interessante sotto il punto di vista storico quella di ieri poiché a seguito di alcuni lavori di scavo è stata intercettata una tomba a pochi metri dal tempietto paleocristiano di San Lorenzo fuori le mura la cui costruzione dovrebbe risalire al V o VI secolo d. C.. Dello stesso periodo, Alto Medio Evo, potrebbe essere la tomba trovata al cui interno non sono state rinvenute suppellettili funerarie. Mesagne si conferma, quindi, quello scrigno di tesori antichi che continuano e riaffiorare dalla terra. Particolarmente entusiasta del ritrovamento è il sindaco, Toni Matarrelli. “I ritrovamenti archeologici nei pressi del tempietto di San Lorenzo – ha detto - sono interessanti: nei prossimi giorni, d'intesa con la Soprintendenza Archeologica, diffonderemo un comunicato per illustrare la tipologia di reperti rinvenuti in occasione dei lavori di scavo che Aqp sta effettuando per il rifacimento del tronco idrico-fognario. Dalle prime valutazioni, si tratterrebbe di un'importante traccia del passato, utile a restituire le testimonianze di cui la nostra città è ricca”.

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Erchie. Responsabili di una ditta edile violano le norme in materia di sicurezza sul lavoro, due denunciati. In Erchie, i Carabinieri della locale Stazione congiuntamente ai colleghi del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Brindisi, hanno denunciato un 24enne e un 52enne del luogo, il primo titolare di una ditta edile e l’altro ingegnere della medesima, per aver violato la normativa in materia di sicurezza sugli ambienti di lavoro. In particolare, dal controllo eseguito dagli operanti è emerso che il cantiere allestito dall’impresa su un immobile di quella Città, era privo degli idonei parapetti prescritti nel piano di sicurezza e coordinamento, essenziali per scongiurare il pericolo di caduta dall’alto dei lavoratori.

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