Nuovo Rapporto UNICEF/OMS/UNDESA e Banca Mondiale sulla mortalità dei bambini: il numero di morti sotto i cinque anni a livello globale nel 2019 è sceso dai 12,5 milioni del 1990 a 5,2 milioni, ma il COVID-19 potrebbe invertire decenni di progressi.

  • Secondo i dati del nuovo Rapporto 2020 “Levels & Trends in Child Mortality”, nel 2019, sono morti ogni giorno 14.000 bambini prima di compiere 5 anni, rispetto ai 34.000 del 1990.
  • Nel 2019 ogni 13 secondi un neonato ha perso la vita; il 47% di tutti i decessi sotto i cinque anni è avvenuto nel periodo neonatale, rispetto al 40% del 1990.
  • Quasi 6.000 bambini in più potrebbero morire ogni giorno a causa di interruzioni nei servizi sanitari dovute al COVID-19.
  • Presidente dell’UNICEF Italia Francesco Samengo: in Italia nel 1990 per ogni 1.000 bambini nati vivi morivano 9,7 bambini con meno di 5 anni, nel 2019 ne sono morti 3,1 (- 68%).

 

9 settembre 2020 - Secondo le nuove stime sulla mortalità pubblicate dall'UNICEF, dall’OMS, dalla Divisione Popolazione del Dipartimento per gli Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unite e dal Gruppo della Banca Mondiale, il numero di morti sotto i cinque anni a livello globale nel 2019 è sceso al punto più basso mai registrato, fino a 5,2 milioni rispetto ai 12,5 milioni del 1990. In media, nel 2019 sono morti ogni giorno 14.000 bambini prima di compiere 5 anni, rispetto ai 34.000 del 1990 e ai 27.000 del 2000.

                “Nonostante questi risultati, il bilancio globale delle morti fra bambini e giovani rimane immenso. Nel solo 2019, 7,4 milioni di bambini, adolescenti e giovani sono morti per lo più per cause prevenibili o curabili. Nel 2019, a livello globale, il 70% dei decessi di bambini e i giovani sotto i 25 anni si è verificato tra i bambini sotto i 5 anni, pari a 5,2 milioni di morti. Tra i decessi sotto i 5 anni, 2,4 milioni (47%) si sono verificati nel primo mese di vita, 1,5 milioni (28%) tra il 1° e l’11° mese di vita e 1,3 milioni (25%) tra l'età di 1-4 anni. Altri 2,2 milioni di decessi si sono verificati tra i bambini e i giovani tra i 5 e i 24 anni nel 2019, di cui il 43% durante il periodo adolescenziale, tra i 10 e i 19 anni”, ha detto Francesco Samengo, Presidente dellUNICEF Italia.

                Anche prima del COVID-19, i neonati erano a più alto rischio di morte. Nel 2019, ogni 13 secondi un neonato ha perso la vita, circa 6.700 ogni giorno. Il 47% di tutti i decessi sotto i cinque anni è avvenuto nel periodo neonatale, rispetto al 40% del 1990.

                Tuttavia, le indagini dell'UNICEF e dell'OMS rivelano che la pandemia di COVID-19 ha provocato gravi interruzioni dei servizi sanitari che minacciano di vanificare decenni di progressi duramente conquistati.

Con le gravi interruzioni dei servizi sanitari essenziali dovute al COVID-19, i neonati potrebbero essere a rischio di morte molto più elevato. Ad esempio, in Camerun, dove un neonato su 38 è morto nel 2019, l'indagine dell'UNICEF ha riportato un tasso stimato del 75% di interruzioni nei servizi per l'assistenza neonatale essenziale, i controlli prenatali, l'assistenza ostetrica e l'assistenza post-parto. A maggio, l’indagine iniziale della Johns Hopkins University ha mostrato che quasi 6.000 bambini in più potrebbero morire al giorno a causa di interruzioni dovute al COVID-19.

"La comunità globale è arrivata a un punto tale nell'eliminazione delle morti prevenibili di bambini che non bisogna permettere alla pandemia da COVID-19 di bloccare il nostro cammino", ha dichiarato Henrietta Fore, Direttore Generale dell'UNICEF. "Quando ai bambini viene negato l'accesso ai servizi sanitari perché il sistema è sovraccarico, e quando le donne hanno paura di partorire in ospedale per timore di contagi, anche loro possono diventare vittime del COVID-19. Senza investimenti immediati per far ripartire i sistemi e i servizi sanitari in difficoltà, milioni di bambini sotto i cinque anni, soprattutto neonati, potrebbero morire".

Negli ultimi 30 anni, i servizi sanitari per prevenire o curare le cause di mortalità dei bambini – come le nascite premature, il basso peso alla nascita, le complicazioni durante il parto, la sepsi neonatale, la polmonite, la diarrea e la malaria – così come le vaccinazioni, hanno giocato un ruolo importante nel salvare milioni di vite.

Ora, i paesi di tutto il mondo stanno subendo interruzioni nei servizi sanitari per la salute infantile e materna  – come le visite mediche, le vaccinazioni e le cure prenatali e post-parto – a causa della scarsità di risorse e di un generale disagio nell'utilizzo dei servizi sanitari dovuto alla paura di contrarre il COVID-19.

Un'indagine dell'UNICEF condotta durante l'estate in 77 Paesi ha rilevato che quasi il 68% di questi ha segnalato almeno qualche interruzione nei controlli sanitari per i bambini e nei servizi di vaccinazione. Inoltre, il 63% dei Paesi ha riportato problemi nei controlli prenatali e il 59% nelle cure post-parto.

Una recente indagine dell'OMS, basata sulle risposte di 105 Paesi, ha rivelato che il 52% dei Paesi ha riportato interruzioni nei servizi sanitari per i bambini malati e il 51% nei servizi per il trattamento della malnutrizione.

Interventi sanitari come questi sono fondamentali per fermare le morti prevenibili di neonati e bambini. Per esempio, secondo l'OMS, le donne che ricevono cure da ostetriche professioniste, formate secondo gli standard internazionali, hanno il 16% di probabilità in meno di perdere il loro bambino e il 24% in meno di avere un parto prematuro.

"Il fatto che oggi il numero di bambini che arrivano a festeggiare il loro primo compleanno sia maggiore di qualsiasi altro momento della storia è un chiaro segnale di ciò che si può ottenere quando il mondo pone la salute e il benessere al centro della propria risposta", ha dichiarato Tedros Adhanom Ghebreyesus, Direttore Generale dell'OMS. "Ora, non dobbiamo permettere che la pandemia di COVID-19 faccia regredire i notevoli progressi raggiunti per i nostri figli e per le generazioni future. Piuttosto, è tempo di usare ciò che sappiamo funzionare per salvare vite umane e continuare a investire in sistemi sanitari più forti e resilienti”.

ITALIA - “In Italia i tassi di mortalità fra i bambini e gli adolescenti sono in forte diminuzione dal 1990, e questo è un dato estremamente positivo. Nel 1990 per ogni 1.000 bambini nati vivi morivano 9,7 bambini con meno di 5 anni, nel 2019 ne sono morti 3,1, una riduzione ben del 68%. Per quanto riguarda la mortalità neonatale, la riduzione è andata di pari passo, con un calo del 70% dai 6,4 morti entro i 28 giorni dalla nascita per ogni 1.000 bambini nati vivi nel 1990 agli 1,9 del 2019. Si riduce anche la mortalità fra gli adolescenti: nel 1990 morivano 3,7 fra i 10 e i 20 anni ogni 1.000 che avevano raggiunto i 10 anni di età, mentre nel 2019 questo numero si è fermato a 1,6, una riduzione del 58%. Sono dati confortanti, ma su cui dobbiamo continuare a tenere alta l’attenzione”, ha dichiarato Francesco Samengo, Presidente dellUNICEF Italia.


Sulla base delle risposte dei Paesi che hanno partecipato alle indagini dell'UNICEF e dell'OMS, i motivi più comunemente citati per le interruzioni dei servizi sanitari sono stati: i genitori che evitano i centri sanitari per paura di contagi; le restrizioni ai trasporti; la sospensione o la chiusura di servizi e strutture; un minor numero di operatori sanitari a causa di ricollocamenti o la paura di contagi dovuta alla mancanza di dispositivi di protezione individuale come mascherine e guanti; e maggiori difficoltà finanziarie. Afghanistan, Bolivia, Camerun, Repubblica Centrafricana, Libia, Madagascar, Pakistan, Sudan e Yemen sono tra i Paesi più colpiti.

7 di questi 9 Paesi hanno avuto nel 2019 un alto tasso di mortalità al di sotto dei 5 anni nel 2019 di oltre 50 decessi ogni 1000 nati vivi. In Afghanistan, dove 1 bambino su 17 è morto prima di raggiungere i 5 anni di età nel 2019, il Ministero della Salute ha riportato una significativa riduzione delle visite alle strutture sanitarie. Per paura di contrarre il virus del COVID-19, le famiglie stanno non stanno dando priorità alle cure pre-natali e post-parto, accrescendo il rischio per le donne in stato di gravidanza e i neonati.

Questi rapporti e indagini evidenziano la necessità di agire con urgenza per ripristinare e migliorare i servizi di assistenza al parto e le cure prenatali e postparto per le madri e i neonati, compresa la presenza da parte di personale sanitario qualificato che si occupi delle cure alla nascita. È importante anche lavorare con i genitori per alleviare le loro paure e rassicurarli.

"La pandemia di COVID-19 ha messo n grave pericolo anni di progressi a livello globale per porre fine alle morti prevenibili dei bambini", ha dichiarato Muhammad Ali Pate, Direttore globale per la salute, la nutrizione e la popolazione della Banca Mondiale. "È essenziale proteggere i servizi salvavita che sono stati fondamentali per ridurre la mortalità dei bambini. Continueremo a lavorare con i governi e i partner per rafforzare i sistemi sanitari per garantire a madri e bambini i servizi di cui hanno bisogno".

"Il nuovo rapporto dimostra i progressi in corso in tutto il mondo nella riduzione della mortalità dei bambini", ha dichiarato John Wilmoth, Direttore della Divisione Popolazione del Dipartimento per gli Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unite. "Se da un lato il rapporto evidenzia gli effetti negativi della pandemia di COVID-19 sugli interventi fondamentali per la salute dei bambini, dall'altro richiama l'attenzione sulla necessità di porre rimedio alle vaste disuguaglianze nelle prospettive per la sopravvivenza e la buona salute di un bambino".

 

 

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L'UNICEF è riuscito a consegnare in Libano 18 carichi di aiuti umanitari essenziali, per un totale di 67 tonnellate, tramite due spedizioni aeree e rotte commerciali di trasporto merci per aiutare i bambini e le famiglie colpite dalle esplosioni di Beirut all'inizio di questo mese. Gli aiuti comprendono dispositivi di protezione individuale (DPI), materiale medico, igienico-sanitario e nutrizionale.

L'UNICEF è stato in grado di intervenire immediatamente dopo l'esplosione, distribuendo i rifornimenti preposizionati che erano in stock subito dopo l'esplosione. Allo stesso tempo, l'UNICEF si è adoperato per procurarsi ulteriori forniture umanitarie in loco, ove possibile, compresi i dispositivi di protezione individuale (DPI), i kit di prevenzione e controllo delle infezioni (IPC) e altri articoli per l'igiene, oltre a forniture a sostegno dell'assistenza psico-sociale dei bambini colpiti. Per completare le forniture acquistate localmente, sono stati inviati ulteriori aiuti dal Magazzino generale dell'UNICEF di Copenaghen verso Beirut, con ulteriori spedizioni previste nei prossimi giorni e settimane.

"Prima che la polvere cominciasse a depositarsi, le squadre dell'UNICEF stavano lavorando per assicurare che i rifornimenti umanitari di cui c'era urgente bisogno potessero raggiungere i bambini e le famiglie colpite il più presto possibile", ha dichiarato la Rappresentante dell'UNICEF per il Libano Yukie Mokuo. "Le vite dei bambini sono state sconvolte. Assicurare che le famiglie abbiano i loro bisogni primari soddisfatti permetterà loro di iniziare a ricostruire la loro vita e di guardare al futuro", ha aggiunto.

Considerato che il numero di casi di COVID-19 nel Paese continua a crescere, l'UNICEF è stato anche in grado di consegnare più di 3,5 milioni di dollari di Dispositivi di Protezione Individuale e kit di prevenzione e controllo delle infezioni  - particolarmente essenziali dato che 10 container di DPI sono stati distrutti durante le esplosioni.

"Mentre le famiglie lottano per ricostruire dopo il caos delle esplosioni, insieme alla crisi economica in corso e alla minaccia aggiuntiva del COVID-19, il sostegno dei nostri donatori e partner è stato assolutamente fondamentale, ma bisogna ancora fare molto di più", ha detto Mokuo. "Ora è il momento che la comunità internazionale si schieri con il popolo libanese e si assicuri che riceva l'aiuto e l'assistenza necessari".

Gli aiuti umanitari sono stati forniti con l'assistenza dell’European Civil Protection and Humanitarian Aid Operations (ECHO) dell’Unione Europea e del governo del Belgio e attraverso una donazione della Sanofi Foundation.

“L'UNICEF richiede più di 46,7 milioni di dollari per rispondere ai bisogni immediati dei bambini e delle famiglie nei prossimi tre mesi. La risposta si concentra sul mantenimento dei bambini al sicuro, sulla riabilitazione dei servizi essenziali di base e sul fornire agli adolescenti e ai giovani le competenze di cui hanno bisogno per partecipare allo sforzo di ricostruzione del loro Paese - il tutto limitando la diffusione del COVID-19. I bambini del Libano hanno bisogno della nostra attenzione e del nostro aiuto. Non dimentichiamoli”, ha detto il Presidente dell’UNICEF Italia Francesco Samengo.  

 

In risposta al crescente bisogno di aiuti per la risposta alla pandemia di COVID-19 nello Yemen flagellato dalla guerra civile, sabato scorso un volo charter dell'UNICEF è atterrato all'aeroporto di Sana'a, capitale del paese, con un carico di 81,7 tonnellate di aiuti umanitari. Un secondo charter è previsto in arrivo nella città di Aden nel corso di questa settimana.
 
Gli aiuti comprendono dispositivi di protezione individuale (DPI) come camici, respiratori, mascherine chirurgiche, visiere, occhiali e guanti per gli operatori sanitari di prima linea, concentratori di ossigeno e relativi accessori.
 
«Questi aiuti permetteranno agli operatori sanitari in prima linea di continuare il loro eroico lavoro e affrontare in modo sicuro ed efficace la diffusione del COVID-19» afferma Sherin Varkey, Rappresentante ad interim dell'UNICEF nello Yemen. «Nonostante la carenza di fondi e le sfide imposte dalla pandemia, l'UNICEF rimane sul posto e distribuisce aiuti per bambini e famiglie in difficoltà in tutto il paese.»
 
«Da quando il primo caso di COVID-19 è stato ufficialmente confermato nello Yemen lo scorso 10 aprile, l'UNICEF ha fornito nel paese circa 180.000 respiratori N95, oltre 157.000 visiere facciali, oltre 5,5 milioni di guanti, oltre 6,2 milioni di mascherine e oltre 1,3 milioni di camici» ricorda il Presidente dell’UNICEF Italia Francesco Samengo.
 
«Questi importanti dispositivi di protezione individuale (DPI) sosterranno circa 20.000 operatori sanitari coinvolti in prima linea per garantire la continuità dei servizi sanitari e nutrizionali per i prossimi 6 mesi.»
 
Questi aiuti di prima necessità sono stati forniti grazie al generoso sostegno dell'International Development Association-World Bank, del Kuwait Fund e del Governo australiano.