Mesagne. La crisi del grano mette in ginocchio i cerealicoltori In evidenza

Giugno 27, 2016 2434

granoIn provincia di Brindisi il comparto cerealicolo

è in difficoltà. A fronte delle discrete rese per ettaro non sta corrispondendo un equo prezzo di acquisto del grano. Molti cerealicoltori, infatti, stanno vendendo il grano duro sottocosto: 17 euro per quintale. Se non accettano tale prezzo il grano resta nei terreni. In queste condizioni i produttori non recuperano nemmeno i costi di gestione. Un quintale di grano da semina, infatti, costa mediamente intorno alle 60 euro. La crisi, che ha fatto crollare i prezzi di acquisto, è da ricondurre all'abbondante produzione mondiale di grano e alle importazioni da Paesi terzi. Inutile dire che i cerealicoltori sono in fibrillazione poiché stanno vedendo sfumare una delle fonti di reddito aziendale. Nel brindisino sono diverse le qualità di grano piantate dai produttori. Dal tradizionale Creso al Simeto al ben più noto Senatore Cappelli. "Purtroppo l'enorme produzione ha fatto stagnare il mercato cerealicolo - ha spiegato Emanuele Guglielmi, cerealicoltore con una decina di ettari investiti a grano duro - i molini sono fermi perché si stanno guardando intorno per comprendere bene la situazione e acquistare ai migliori prezzi di mercato. Per noi, però, sono i peggiori prezzi di mercato". Un ettaro di grano duro produce circa 40 quintali di grano che venduto a 17 euro contabilizza un guadagno lordo di 680 euro da cui vanno detratte le spese di trebbiatura, acquisto seme, fitofarmaci e concime. Oltre alle giornate degli operai che devono gestire la coltivazione. Per cui alla fine il saldo è zero o negativo per l'azienda produttrice. "Con questi prezzi non si può reinvestire il guadagno in agricoltura - ha continuato Guglielmi - per cui si abbattono le giornate lavorative e le risorse umane da impiegare". Su questa crisi è più volte intervenuta Coldiretti paventando la necessità di creare una filiera corta. Dal produttore al consumatore. Per fare questo bisognerebbe creare delle organizzazioni di produttori che possano stoccare il grano dei soci e rivenderlo in periodi successivi quando si ha un respiro commerciale più lungo. Ultimo problema è il made in Italy. "Anche sul grano ci deve essere l'etichettatura - ha precisato Guglielmi - affinché il grano che il consumatore acquista sia tracciato. Oggi i molini importano grano dall'estero, lo miscelano con quello nazionale che diviene per magia grano italiano".