«La terra restituita ai contadini. La più grande redistribuzione di ricchezza mai avvenuta in Italia» di Nunzio Primavera (Laurana Edit.) In evidenza

Angelo Sconosciuto Giugno 12, 2020 3000

de francesco lapide confine terraChi percorre la ex strada statale 605, tra Mesagne e San Vito dei Normanni, in provincia di Brindisi,

all’altezza di una cunetta in contrada «Mazzetta» e sul ciglio della carreggiata, trova infissa una lapide, semplice e con una scritta che, a tanti anni di stanza dalla sua collocazione, rischia di non essere più compresa nella dimensione storica, politica ed economica che la determinò. Sul cippo - un rettangolo sormontato da un semicerchio – si legge: «Né il vizio né lo sperpero portò qui il confine ma una legge». La firma era quella de «Il principe di San Cipriano».

la terra restituitaE fu ironico fino in fondo, l’avvocato mesagnese Antonio Rosario de Francesco (1901-1968) nel comporre l’epitaffio. Si firmò come talvolta lo dileggiavano amici e nemici, perché principe del foro era davvero, ricco altrettanto, ma il titolo di “San Cipriano” gli derivava dal quartiere - allora il più degradato, nel centro storico di Mesagne - ove aveva lo studio legale. Liberale di convinzioni e di prassi, nel febbraio 1944 era stato nominato Commissario prefettizio a Mesagne, quindi primo sindaco per volontà unanime del Comitato di liberazione nazionale. Settant’anni addietro, però, di fronte alla riforma agraria che gli toglieva possedimenti, forse quelli a lui più cari, reagì in quella maniera. Già, perché nel 1950 veniva varata la riforma agraria, per opera del governo De Gasperi e «di ministri dell’Agricoltura “illuminati” come Antonio Segni e Amintore Fanfani».

Su di essa si è scritto tanto, eppure la riforma agraria, i cui effetti ciascun brindisino può notare solo che si porti nelle campagne fuori dai centri abitati, non è più argomento di confronto. È passata alla storia ed ora, «La terra restituita ai contadini La più grande redistribuzione di ricchezza mai avvenuta in Italia» è il titolo di un recente e documentato saggio, edito da Laurana, frutto del lavoro di ricerca di Nunzio Primavera giornalista e scrittore esperto sui temi sindacali, economici e agroalimentari e biografo del fondatore della Coldiretti Paolo Bonomi alla cui figura ha dedicato due libri, «La Gente dei campi e il sogno di Bonomi» giunto alla quarta edizione, disponibile anche in versione ebook, e «Paolo Bonomi e il riscatto delle campagne» scritto insieme a padre Francesco Occhetta, il gesuita che su “Civiltà Cattolica” si occupa dei temi della politica.

«Il nuovo libro di Nunzio Primavera approfondisce la genesi e l’applicazione della riforma agraria, fortemente sostenuta dalla Coldiretti in linea con la cultura riformista che la ispira fin dalla sua fondazione – spiega una nota -. Ha reso possibile l’unica redistribuzione di ricchezza tra le classi sociali mai realizzata in Italia e la più grande riforma economica dall’Unità». E ancora si osserva come «dal 1950 al 1964, attraverso un complesso di leggi lungimiranti, la riforma agraria ha dato regole chiare e certezze nel possesso della terra e nei rapporti sociali.

Ha trasferito a oltre un milione di contadini, mezzadri, braccianti e affittuari, qualcosa come 3,6 milioni di ettari incolti o mal coltivati e ha messo la pietra tombale sul latifondo». Ma l’altro grande risultato, come afferma Vincenzo Gesmundo, segretario generale della Coldiretti nella sua prefazione al volume di Primavera, è «la nascita di un nuovo soggetto economico e imprenditoriale, il coltivatore diretto, la cui presenza nella società italiana e sui ‘mercati’ è oggi sempre più forte e imprescindibile». Secondo quanti hanno già letto il libro la conclusione più ovvia che si possa fare è che si è trattato di «una riforma che è stata una grande operazione di democrazia economica».

Non solo: quanti nelle nostre contrade, coltivatori diretti o figli di coltivatori diretti, avranno l’opportunità e la voglia di leggere questo libro troveranno pagine personalissime delle loro esperienze di famiglia: sarà un modo per sentirsi ancora parte di un mondo che quella legge ha determinato.