Giovanni Messe, orgoglio mesagnese

Maria Errico Dicembre 18, 2019 2018

messe giovanni marescSul “Gazzettino di Brindisi” del 28 Giugno 2015, lo Storico Prof. Enzo POCI

riprendeva la discussione sull’ultimo Maresciallo d’Italia GIOVANNI MESSE e, al suo contributo stimolante e disinteressato faceva seguire alcune mie riflessioni contenute in una lettera da me precedentemente inviata al Sindaco di Mesagne in data 21 Marzo 2015.

Il 7 Luglio 2015, sempre sul “Gazzettino di Brindisi”, interveniva anche il Presidente della “Società Storica di Terra d’Otranto”, il Prof. Domenico URGESI «a beneficio di una ulteriore conoscenza della questione MESSE» precisava lo stesso.

Ringrazio entrambi per aver concordato di dare voce alla mia “lettera caduta nel vuoto” come si espresse il Prof. URGESI, e, nel contempo, prendo atto, a distanza di oltre 4 anni, del pervicace quanto inspiegabile silenzio da parte del Comune di Mesagne riguardo al contenuto della mia richiesta.

Il Prof. Enzo POCI affermava, nel suo intervento su MESSE, di «aver maturato la convinzione che gli Amministratori e i Consiglieri per tanti anni incaricati di far erigere monumenti e responsabili dell’intitolazione delle vie non conoscono, evidentemente, la storia di questo alto Ufficiale».

Il Prof. Domenico URGESI parlava di «vecchie ritrosie di natura politica che avrebbero connotato l’atteggiamento della Sinistra, Sinistra mesagnese e nazionale».

Penso che abbiano entrambi individuato le ragioni che hanno fatto precipitare, nei decenni trascorsi, l’ultimo Maresciallo d’Italia nel pozzo dell’oblio.

Accettare di abdicare alla propria capacità critica significa privarsi della propria libertà, omologare il proprio pensiero a quello degli altri. Ma è «proprio quando si pensa di sapere qualcosa che bisogna guardarla da un’altra prospettiva», suggerisce il Professore ai suoi alunni nel bellissimo film di qualche decennio addietro, dal titolo: «L’Attimo Fuggente».

Non considero esaustivo il contenuto della mia lettera del Marzo 2015 riguardante il cittadino Giovanni MESSE e penso sia mio DOVERE CIVICO avvicinare i Lettori alla figura di questo valoroso comandante. Poi ognuno, in piena libertà, deciderà se approfondire o meno la conoscenza dell’ultimo Maresciallo d’Italia, combattente di grande coraggio e comandante validissimo.

La brillante e infaticabile ricerca storica del Prof. Enzo POCI ci ha regalato uno straordinario articolo, uno spaccato inedito sulla Grande Guerra, pubblicato sul “Gazzettino di Brindisi” dal titolo “Ernest HEMINGWAY e gli ARDITI del Maggiore MESSE”. Il concittadino Mesagnese era, all’epoca della Ia Guerra Mondiale, il coraggioso comandante del IX Reparto d’Assalto e aveva il grado di Maggiore.

Questo illustre soldato d’onore di Mesagne ebbe cura dei suoi soldati raggruppati da tutte le regioni d’Italia e li educò al senso del dovere e dell’onore. «È qui che i Soldati d’Italia difendono la Patria lontana. Non dobbiamo arretrare di un passo: è questo un imperativo categorico che proviene dalla nostra coscienza di Soldati».Queste parole, il Generale d’Armata G. MESSE le rivolse ai suoi combattenti in Africa Settentrionale nel corso del II° Conflitto Mondiale. Si rivolgeva alle truppe, alla vigilia di un attacco che sarebbe stato sferrato da generale Montgomery contro la nostra Ia Armata.

Questi soldati erano sempre in cima ai pensieri di MESSE e l’intuito perspicace di INDRO MONTANELLI, lo attesta: «Il Comandante del CSIR (Corpo di Spedizione Italiano in Russia) GIOVANNI MESSE è un buon Generale, sensato, sollecito dei bisogni delle Truppe, risoluto nell’esporre a ROMA le carenze, ecc, ecc ». E di questi bisogni delle truppe il Generale MESSE se ne occupò subito con il suo energico attivismo appena si ritrovò con i 60.000 Uomini del CSIR sul Fronte Orientale, con scarsi quanto ridicoli mezzi a disposizione e Uomini privi di adeguato equipaggiamento per affrontare il terribile Inverno Russo.

“Concitato e duro” attesta il Tenente Riccardo BOSERO, addetto al Comando del CSIR, era il tono dei messaggi cifrati che partivano via radio per il Comando Supremo, a Roma. MESSE si rivolse direttamente a MUSSOLINI, aggirando la normale trafila burocratica ma, dal DUCE, il Comandante del CSIR ricevette in risposta un telegramma vergognosamente elusivo!».

Il Generale mesagnese era un uomo determinato, non perse altro tempo e agì prontamente. Inviò il Tenente BOSERO che parlava il romeno ed era l’Interprete addetto al Comando (lo scrive il Prof. ARGENTIERI nel suo libro) con un aereo del CSIR a BUCAREST «per reperire sul mercato libero quante più pellicce possibili almeno per munire le Sentinelle del minimo indispensabile per ripararsi dal freddo. BOSERO riuscì a raccogliere tra BUCAREST e BUDAPEST qualche migliaio di pellicce e a rientrare avventurosamente con il prezioso carico». Il generale MESSE aveva il ricordo recente dei Soldati congelati sul FRONTE GRECO-ALBANESE nell’Inverno del 1940, ma non riuscì a evitare 3.600 casi di congelamento. Tra Novembre ’41 e Gennaio ’42 la temperatura toccò i -45°!

E, quando MUSSOLINI, visti i successi militari del CSIR decise di inviare in Russia un’intera Armata (l’ARMIR), la Prof. Maria T. GIUSTI scrive che «Il Generale MESSE fu l’unico a dichiararsi contrario, e per tutta risposta fu rimpatriato il 1° Novembre 1942. Aveva qualificato come ASSASSINI coloro che avevano deliberato di mandare in RUSSIA Soldati non equipaggiati per il freddo». Così si espresse la Prof.ssa in una trasmissione televisiva del 28.4.2010. La stessa ha condotto una ricerca storica fondata su materiale inedito proveniente dagli Archivi ex Sovietici e sulla testimonianza dei sopravvissuti. Mario RIGONI STERN, all’epoca Sergente nella “DIVISIONE TRIDENTINA”, Corpo degli Alpini, pensa che forse questa ricerca della GIUSTI dirà una parola definitiva sull’argomento. Nella Relazione inviata al Comando Supremo e che MUSSOLINI avrebbe letto e ignorato, dice la Prof. GIUSTI, così scriveva MESSE: «A proposito dell’Inverno Russo io non so fino a che punto la reale portata della sua influenza logoratrice possa essere apprezzata da chi non era presente. È stata una grande terribile e dura prova che ha profondamente scavato il fisico e turbato lo spirito, ecc.ecc.».

HOPE HAMILTON che ha ripercorso la Storia del CSIR, in particolare degli ALPINI «dal basso» scrive nel suo Saggio: «Quando MESSE osò contrariare il DUCE e questi gli preferì il Generale Italo GARIBOLDI per il Comando d’Armata, il Generale MESSE scelse di non discutere la questione della guida della VIIIa Armata (l’ARMIR) e preferì confrontarsi con il Dittatore in merito all’invio di altre Forze in Unione Sovietica». Se il Duce lo avesse ascoltato non si sarebbero spalancate le porte dei tanti Inferni per i Soldati dell’ARMIR. L’inferno delle disumane “Marce del Davaj”, l’Inferno delle tradotte ferroviarie nella steppa gelata, l’Inferno dei Campi di Prigionia dove la fame fece impazzire gli Uomini i quali smarrirono la loro Umanità e precipitarono nell’abisso dell’Antropofagia.

Diverso trattamento fu riservato ai Prigionieri Russi. Nel suo libro la HAMILTON scrive che «MESSE, spesso in aperto contrasto con le Direttive Tedesche, assicurò ai Prigionieri catturati, condizioni di vita degne di un popolo civile. I Tedeschi avevano disposto l’internamento nei Campi di Prigionia per i civili che si fossero avvicinati al FRONTE del DON».

«Se tali ordini fossero stati applicati, i Campi si sarebbero rapidamente popolati di derelitti che soltanto la fame aveva spinto lontano dalle loro case» osservò il Generale MESSE. E sempre la HAMILTON ci informa in merito a quelle che MESSE definì «spontanee iniziative dei nostri connazionali»: assistenza sanitaria, farmaci, donazioni di sangue per le trasfusioni, perfino una clinica per gestanti, organizzata dalla DIVISIONE TORINO. Il Generale MESSE non chinò mai la testa ma sostenne aspre discussioni con il Comando Tedesco sul modo e la pretesa di impiego delle Truppe Italiane. È l’Interprete, il Tenente BOSERO che ci ha svelato la natura di questi rapporti. Il Generale Mesagnese fu capace di tenere testa alla IATTANZA TEDESCA mentre il DUCE convocato d’urgenza dal FÜHRER al Brennero – era la fine di Maggio del ’41 – chiamato a tambur battente vi andò dicendosi «stufo di essere chiamato col campanellino» scrisse Indro MONTANELLI.

La Campagna di Russia mi riporta indietro con la mente alla tragica RITIRATA che travolse le nostre DIVISIONI. Penso, in particolare, a Roberto ANTONUCCI, giovane Tenente Medico di Mesagne, uno, fra i tanti che non tornarono. Il bellissimo Cenotafio in marmo bianco, eretto lungo il viale del Cimitero, lo ricorda ai Mesagnesi. Era un Alpino, Roberto, un Alpino della DIVISIONE JULIA. Afferma la Prof. GIUSTI che «la Ritirata del Corpo d’Armata Alpino fu più dura» rispetto a quella della Fanteria. Peraltro, «il 25 Dicembre 1942 le Divisioni di Fanteria avevano cessato di esistere». L’invitto Corpo degli Alpinin si consegnò alla Storia ammantato di gloria. Questo loro valore fu riconosciuto dal Comando Supremo dell’Armata Rossa che così si espresse: «Il Corpo d’Armata Alpino deve ritenersi imbattuto sul suolo di Russia» scrive la HAMILTON nel suo Saggio.

Dopo la Campagna di Russia, ritroviamo il Generale d’Armata G. MESSE in Africa Settentrionale a guidare un’Armata… in rotta. Ma l’illustre soldato mesagnese riuscì a trasformare quell’Armata allo sbando nella Gloriosa Ia ARMATA che farà pronunciare a MONTANELLI il seguente elogio: «La guerra di MESSE: combattuta bene, combattuta meglio di un Alleato che già l’aveva persa e di un Nemico che già l’aveva vinta». E, “lo Scacco” di cui parlò CHURCHILL alla Camera dei Comuni, lo scacco subito dalla prestigiosa VIIIa Armata Britannica, fu opera di MESSE per la durissima resistenza opposta a MARETH, al Comando di quell’ARMATA che lui aveva rimesso in piedi e si stava ricoprendo di onore.

MONTANELLI sapeva che MESSE, in TUNISIA, era stato “l’ultimo ad arrendersi” e, persino, agli Inglesi non passò inosservato questo particolare. Non dimenticava MONTANELLI quel TRICOLORE rimasto a sventolare sul pennone dopo che la bandiera tedesca era stata già ammainata. «All’ultimo minuto, solo all’ultimo minuto, erano le 12,30 del 13 Maggio ’43 – scrive il Prof. Enzo POCI –, dopo che gli arrivò l’ordine di cessare il combattimento, il Maresciallo d’Italia G. MESSE consegnò agli Inviati Inglesi l’accettazione della resa. I Soldati della Gloriosa I° ARMATA che si sentivano orgogliosamente Italiani, sfilarono spontaneamente davanti al loro Comandante, anche lui Prigioniero, prima di essere avviati ai Campi di Prigionia».

Dopo un certo periodo di tempo gli Anglo-Americani fecero rientrare MESSE dalla prigionia perché la sua collaborazione fu ritenuta necessaria alla Lotta di Liberazione. G. MESSE fu nominato CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE delle FF.AA. col benestare del Comando Alleato.

La Prof.ssa Rosita ORLANDI afferma quanto segue: «In qualità di Capo di Stato Maggiore Generale il Maresciallo D’Italia G. MESSE riveste un RUOLO ancora oggi abbastanza MISCONOSCIUTO: quello di SUPPORTO allo sviluppo del Movimento di RESISTENZA E LIBERAZIONE nelle diverse Regioni dell’Italia occupata». Penso che le affermazioni di questa Studiosa meritino un approfondimento.

Nel Dopoguerra il Comandante MESSE si assunse un impegno che ritenne doveroso verso i REDUCI, quei reduci «umiliati, offesi, persino indotti a vergognarsi del proprio passato – scrive il Prof. ARGENTIERI – proprio da coloro che non avevano conosciuto i Campi di Battaglia, renitenti, imboscati, disertori che si nascondevano dietro un antifascismo d’accatto». «Il Governo Fascista – afferma HOPE HAMILTON – mandò i Soldati al massacro sui vari fronti e quello del Dopoguerra tentò di cancellare con un colpo di spugna la memoria delle loro sofferenze. Da qui la rabbia dei sopravvissuti traditi due volte dal proprio Paese».

L’impegno di MESSE per i REDUCI lo testimoniava, quando ancora era in vita, Don Daniele CAVALIERE, Arciprete della Chiesa Collegiata di Mesagne, personalità di primissimo piano per spiritualità, cultura straordinaria e grande generosità. Era un reduce Don Daniele: partito Volontario «per stare accanto ai Soldati» nella Guerra d’Africa aveva svolto il Suo servizio in qualità di Tenente Cappellano Militare, e aveva condiviso con i Soldati la prigionia nei Campi Inglesi.

Ringrazio i Lettori per avermi dato ascolto in queste pagine. Il concittadino Giovanni MESSE è ancora in attesa del riconoscimento del suo valore di Soldato ed io auguro alle Lettrici e ai Lettori mesagnesi il coraggio di uno scatto d’orgoglio.

MARIA ERRICO

TESTI

-        I PRIGIONIERI ITALIANI IN RUSSIA, Maria Teresa GIUSTI, ed. IL MULINO.

-        MESSE, SOGGETTO DI UN’ALTRA STORIA, LUIGI ARGENTIERI, ed. BURGO.

-        IL MARESCIALLO D’ITALIA G. MESSE (Prof. Enzo POCI – Prof. Rosita ORLANDI) Città di Mesagne, CONGEDO ed.

-        SACRIFICIO NELLA STEPPA, HOPE HAMILTON, RIZZOLI ed.

-        L’ITALIA NELLA II° GUERRA MONDIALE (MONTANELLI – CERVI) BIBLIOTECA L’EUROPEO.