La forza di Mesagne: Un impegno quotidiano per la pace

Serafino Scalera Giugno 12, 2025 562

“La pace non è uno stato naturale, ma un dovere razionale.” Con queste parole, Immanuel Kant, nel suo illuminante scritto: Per la pace perpetua, invitava l’umanità a costruire un ordine fondato sulla ragione, sul diritto e sul rispetto reciproco. Un appello che riecheggia nei pensieri di Hannah Arendt, la quale individuava nella responsabilità individuale il cuore della convivenza civile. Non solo la filosofia, ma anche l’arte ha saputo gridare il proprio rifiuto della guerra: dal dolore eterno di Guernica di Pablo Picasso, alle figure dolenti di Käthe Kollwitz, fino alle intense pennellate di Renato Guttuso, la tela diventa manifesto politico, testimonianza viva, ponte tra memoria e speranza. Attraverso forme, colori e silenzi, l’arte insegna che anche il gesto più fragile può diventare un atto di coraggio. In questo orizzonte di pensiero, bellezza e responsabilità si colloca il gesto simbolico, ma profondamente concreto, della città di Mesagne, che dal cuore pulsante del Salento si fa portavoce di un valore universale: la pace. Mesagne, città d’arte, di storia e di rigenerazione civile, ha scelto di aderire alla campagna nazionale promossa da Emergency, esponendo sulla facciata del Municipio uno striscione eloquente: “Mesagne ripudia la guerra”. Un gesto semplice, ma potente. Come ha sottolineato il sindaco Toni Matarrelli, sulle orme di Kant e Arendt, non si tratta solo di un messaggio simbolico, ma di una dichiarazione di impegno quotidiano: una responsabilità civica condivisa che chiama ogni cittadino a diventare artigiano di pace. 

La pace, ha ribadito il primo cittadino, non è uno slogan, ma una pratica quotidiana. Non si proclama: si coltiva. Guardando alla storia, l’umanità ha dimostrato di poter sconfiggere flagelli apparentemente invincibili: vaiolo, poliomielite, lebbra, analfabetismo. Attraverso scienza, cultura e impegno collettivo, sono cadute barriere che sembravano eterne. Allo stesso modo, ideologie violente come lo schiavismo o la discriminazione razziale e di genere sono state contrastate da secoli di lotte e pensiero illuminato. Eppure, tra tutte le conquiste umane, una piaga resiste e continua a tormentare: la guerra. Un fallimento ricorrente dell’intelligenza e dell’exotopia. Come affermava il filosofo Norberto Bobbio: “La pace è l’unica idea moderna che non ha fatto progressi.”  Le parole pronunciate da Papa Leone XIV il giorno della sua elezione: “La guerra è il segno dell’incapacità dell’uomo di risolvere le proprie divergenze in modo maturo”, risuonano oggi con rinnovata urgenza. Ogni conflitto è una sconfitta collettiva. Ogni bomba che cade è un passo indietro nel cammino dell’umanità verso la civiltà. Anche le neuroscienze ci ricordano che il cervello umano è plastico, educabile alla cooperazione, capace di sviluppare exotopia e altruismo. La pace, dunque, non è un’utopia romantica, ma una possibilità concreta.
L’arte, la bellezza, la creatività sono strumenti potenti per formare coscienze, tessere legami e costruire comunità più giuste. Visitarne le espressioni, come la mostra, Negli anni dell’Impressionismo. Da Monet a Boldini: artisti in cerca di libertà, ospitata nel Castello Normanno-Svevo di Mesagne, significa stimolare la mente alla sensibilità e alla pace.
Ho avuto la fortuna di accompagnare alcuni ragazzi, provenienti da contesti ad alta criticità, alla National Gallery di Berlino, dove, fra l’altro, restando in tema dell'esposizione artistica presente a Mesagne, sono esposte opere di Monet e Manet, sono rimasti incantati per tre ore, in silenzio, ad ascoltare l’audioguida. “Non pensavamo che un’opera d’arte potesse suscitare simili emozioni”, mi hanno detto.  È per questo che è fondamentale, in un percorso educativo orientato alla pace, alla sensibilità, all’altruismo, che siano i genitori a portare i figli a visitare mostre come quella di Mesagne. Non possiamo continuare a delegare alla scuola ciò che appartiene al cuore della famiglia. Ogni gesto conta. Ogni città, ogni famiglia che alza la voce contro la guerra, ogni persona che sceglie il dialogo al posto dell’odio contribuisce a invertire la rotta.
Oggi, Mesagne sceglie di non voltarsi dall’altra parte, di non restare indifferente al rumore delle armi e al silenzio delle vittime. Sceglie di credere che un’altra storia sia possibile.  
Con lo sguardo rivolto al futuro e le radici ben piantate nella propria identità culturale, Mesagne diventa simbolo di un’Italia che rifiuta la guerra e scommette sulla pace.  
Un piccolo seme, certo, ma sono i semi più piccoli che danno vita a foreste.