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Criminalità: la politica ha il dovere di illuminare la pericolosa "zona grigia”

Ottobre 25, 2021 874
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Il presidente della Commissione speciale antimafia, Renato Perrini Il presidente della Commissione speciale antimafia, Renato Perrini

“Tradizionalmente la criminalità organizzata di tipo mafioso è stata oggetto di studio da parte di diverse discipline: sociologia, politica, storia, antropologia, economia, criminologia, diritto. Scarsa attenzione è stata dedicata, fino ad oggi, da queste discipline ed approcci agli aspetti più propriamente organizzativi del fenomeno criminale; ed anche la sociologia dell’organizzazione e le altre discipline organizzative, non hanno dedicato sufficiente attenzione a questo fenomeno”.

Così il presidente della Commissione speciale antimafia; Renato Perrini, ha introdotto la giornata dedicata alle audizioni dei procuratori e dei prefetti delle province di Lecce Brindisi e Taranto.  

Perrini ha sottolineato l’importanza di porre l’attenzione ai fenomeni criminali nell’ottica di collaborazione con le Forze dell’ordine, le Procure, le Prefetture e tutte le istituzioni preposte.

Hanno partecipato ai lavori della Commissione, oltre alla presidnete del Consiglio, Loredana Capone,  la prefetta di Lecce, Anna Maria Trio, il procuratore aggiunto di Lecce, Guglielmo Cataldi, il prefetto di Taranto, Demetrio Martino, il procuratore aggiunto di Taranto, Maurizio Carbone; la prefetta di Brindisi Carolina Bellantoni, il procuratore capo di Brindisi, Antonio de Donno.

La mafia è un fenomeno criminale che ha anche una natura organizzativa. Va considerata quindi come una vera e propria organizzazione formale articolata in modi diversi con fenomenologie organizzative differenti a seconda delle varie tipologie criminali. La molteplicità delle azioni e comportamenti criminali può avere senso solo se collocata in un’opportuna cornice di senso coerente con la natura del fenomeno indagato;

Consideriamo quindi la mafia come «organizzazione formale», autonoma rispetto ai suoi singoli componenti, che tende ad assumere i connotati di una istituzione con un proprio ordinamento normativo, con propri valori e ideologie che forgiano i comportamenti dei militanti e non solo quindi un particolare tipo di comportamento criminale più o meno diffuso. Si è sempre posta quindi l’esigenza di distinguere il fenomeno organizzativo dal contesto-ambiente nel quale vive e si riproduce.

Normalmente il termine mafia è usato per denotare indistintamente le organizzazioni criminali di una certa rilevanza. In particolare: «cosa nostra» diffusa in Sicilia; la «camorra» che ha i suoi natali e il suo epicentro di azione in Campania; la «‘ndrangheta» che opera in Calabria; e infine la «sacra corona unita» in Puglia: tutte queste «organizzazioni possono essere definite in generale come mafiose o di tipo mafioso, in quanto operano secondo metodi che sono tipici della mafia: violenza e intimidazione, attraverso cui producono tra la popolazione una condizione generale di omertà» (Falcone, 1991). A parte questi elementi comuni le quattro organizzazioni presentano modelli organizzativi diversi, strategie di azione differenti e comportamenti criminali solo in parte comuni. Tutte e tre però sono un sistema di organizzazioni criminali segrete volte al controllo e governo del territorio ed all’accumulazione di risorse economiche, i cui beneficiari sono i membri stessi dell’organizzazione e che operano attraverso mercati (nazionali ed internazionali) di varia natura: criminali, illegali, legali.

 “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. È la celebre frase pronunciata dal chimico, biologo, filosofo del settecento Antoine Laurent Lavoisier. La criminalità organizzata non fa eccezione a questo principio. Questo perché nel corso degli anni le diverse percezioni della criminalità organizzata hanno mutato le proprie forme di manifestazione, gli autori di reati e persino l’oggetto giuridico tutelato.

Il metodo mafioso attualmente inquadrato nell’art. 416 bis c.p. si fonda su tre elementi fondamentali: la forza d’intimidazione del vincolo associativo, la condizione di assoggettamento e l’omertà che da esso deriva. Nel secolo scorso, durante gli anni Settanta, è apparsa negli studi e nelle ricerche criminologiche mondiali la nozione di “crimine dei colletti bianchi”.

Questo termine è diventato sinonimo di un crimine commesso da membri privilegiati della comunità sociale. All’interno della moderna criminalità organizzata i “colletti bianchi” sono inclusi tutti in forme di reati economico-finanziari, quali corruzione, evasione fiscale, falso in bilancio, frodi comunitarie, cioè un insieme di reati che possono essere commessi da imprenditori, politici, funzionari pubblici, liberi professionisti, sfruttando la posizione sociale, il loro potere e la capacità d’influenza.

Le nuove forme di manifestazione della “criminalità organizzata” uniscono i delitti tradizionali (es. droga, prostituzione illegale, tratta di esseri umani, estorsioni) a quelli dei colletti bianchi (es. finanziari, tributari, frodi comunitarie, appropriazione indebita, corruzione). La gravità della criminalità dei “colletti bianchi” - cioè di alcuni tipi di reato, come i crimini economico-finanziari, la corruzione, l’evasione fiscale, le frodi - fa sì che il grado di pericolosità di essi sia piuttosto elevato e lesivo soprattutto d’interessi collettivi. La commissione di questi delitti colpisce soprattutto le fasce più deboli di una società. Dall’analisi appena fatta possiamo dedurre che oltre a realizzare profitti finanziari e benefici patrimoniali, lo scopo dei gruppi criminali organizzati è quello di avere una grande influenza su strutture di governo di alto livello creando un sistema di protezione dei loro affari illegali e possibili privilegi da procedimenti penali nei loro confronti.

È necessario pertanto che le istituzioni trovino strategie preventive e repressive in grado di affrontare queste attività illegali da parte d’individui o gruppi organizzati finalizzate non solo a profitti criminali ma volte anche ad influenzare negativamente l’economia legale di uno Stato. Come già detto questa seconda fase avviene spesso con l’ausilio di quell’area grigia che noi conosciamo appunto con il nome di colletti bianchi.

Andando a colpire proprio l’area grigia che fiancheggia le mafie, con una nuova fattispecie incriminatrice che li comprenda nell’associazione mafiosa vera e propria e non nel concorso esterno. Evitando i conflitti e la disgregazione sociale ed economica. Lottando tutte le attività di riciclaggio sullo sfondo dell’economia e della finanza mondiali. Occupandosi della crescita dei reati ambientali commessi dalla criminalità organizzata (Ecomafie).

Un settore da non sottovalutare affatto è quello dei crimini informatici che continueranno a svilupparsi perché redditizi e a basso rischio criminale. Altri possibili rimedi a questo tipo di nuova criminalità potrebbero essere la tracciabilità dei fondi erogati e la moneta elettronica nelle transazioni con la pubblica amministrazione. Sarebbero un efficace strumento di controllo. Il monitoraggio dell’opera, dall’erogazione dei fondi alla realizzazione sarebbe un altro strumento di controllo che eviterebbe la corruzione e le infiltrazioni mafiose.

Naturalmente andrà sempre privilegiata l’importanza della massima trasparenza nelle decisioni pubbliche poiché, di fatto, consentirebbe ai cittadini di operare una vera funzione di controllo civico.

E proprio su quest’ultimo punto la presidente del Consiglio Loredana Capone ha sottolineato l’importanza dell’ascolto. “Per noi sono fondamentali questi incontri per avere un monitoraggio della condizione attuale del fenomeno criminale e poter essere nelle condizioni di verificare e compiere tutte le azioni corrette per contrastare la criminalità organizzata, sempre tenendo presente quelle che sono le competenze della politica”.

La presidente Capone ha spiegato che esiste il massimo impegno da parte della istituzione Regione a lavorare sulla linea della prevenzione e dello studio dei cambiamenti avvenuti negli ultimi anni.  “È chiaro – ha detto la presidente – che la criminalità non punta più a fenomeni sanguinari, perché ha infiltrato i settori legali dell’economia e punta su quelli, rendendo così anche più complicata l’opera di repressione”.

Per la presidente del Consiglio, il Salento grazie al lavoro capillare delle Procure, delle Forze dell’ordine e delle Prefetture, ha maturato i giusti anticorpi come antidoto, “ma noi non intendiamo mollare e chiediamo cosa possiamo fare per prevenire. Siamo pronti a stipulare intese che puntino a maggiori e più capillari controlli, soprattutto in vista delle nuove risorse in arrivo, sarà nostro compito e premura emanare dei bandi coerenti”.

Sottrarre personale al reclutamento delle organizzazioni mafiose evitando che si sostituiscano alle istituzioni ponendo in essere una forma di welfare secondario pericolosissimo, utilizzare bene le risorse perché si trasformino in nuove energie soprattutto per i giovani,   porre in essere azioni positive – questo per Loredana Capone sono punti irrinunciabili delle buone partiche. “In tal senso il nostro bando sui laboratori urbani è un esempio che serve proprio ad affidare i nostri beni ad associazioni che possano gestire ed evitare così siano occupati illecitamente”.

Le dichiarazioni del presidente della Commissione d’inchiesta sulla criminalità pugliese, Renato Perrini.
“Ogni intervento ascoltato oggi in audizione meriterebbe un approfondimento. Per questo sono davvero grato ai prefetti e ai procuratori di Lecce, Taranto e Brindisi per aver accettato il nostro invito in Commissione d’inchiesta sulla criminalità pugliese. Le loro riflessioni ci hanno fornito spunti e dati che elaboreremo in forma legislativa per quello che è di nostra competenza regionale. E’ evidente che come politici abbiamo il dovere di ‘illuminare’ quella pericolosa ‘zona grigia’ – della quale ha parlato il procuratore aggiunto di Lecce, Cataldi - dove si insinuano insospettabili per fare affari con la Pubblica Amministrazione. Come? Con appalti che siano impenetrabili e controllabili in ogni fase dell’aggiudicazione. Trovo opportuna per questo la proposta della presidente Capone di firmare protocolli fra Regione Puglia e forze dell’ordine perché vengano intensificati i controlli in fase preliminare.
“Come politico tarantino, infine, non posso non considerare grave il monito del procuratore aggiunto Carbone sul rischio infiltrazione criminalità nelle risorse che arriveranno per la bonifica dell’ex-ILVA nel PNRR. Tocca anche a noi, politici del territorio, essere sentinelle per evitare che ciò possa consumarsi”.

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