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Francesco: Il Papa del cambiamento tra riforme e resistenze
Quando Jorge Mario Bergoglio è stato eletto Papa nel marzo del 2013, molti hanno percepito fin da subito un cambiamento radicale nell’aria. Il primo papa gesuita e il primo proveniente dall’America Latina si è presentato al mondo con un semplice “buonasera”, rinunciando ai tradizionali segni del potere pontificio e inaugurando un nuovo stile pastorale fatto di sobrietà, prossimità e attenzione ai margini. Il suo pontificato, nato all’insegna della rottura con alcune convenzioni della Curia romana, ha attraversato anni intensi, segnati da iniziative coraggiose, tensioni interne e sfide globali.
Il cuore del messaggio di Papa Francesco è stato fin da subito quello di una “Chiesa povera per i poveri”. Non si è trattato solo di un’espressione retorica: il suo linguaggio diretto contro la “cultura dello scarto” e la “globalizzazione dell’indifferenza” ha riportato al centro dell’agenda ecclesiale i temi della giustizia sociale, della dignità umana e della vicinanza ai più vulnerabili. I detrattori parlano di iniziative di facciata, infatti il Wall Street Journal nell' edizione del 22 Aprile 2025 scrive che “si batteva per i poveri, favorendo al contempo idee che li mantenessero poveri”, così come riportato dal quotidiano il Foglio. Ad ogni modo, il suo stile personale, sobrio e informale, ha contribuito a rendere più umana e accessibile l'immagine del papato. Il rifiuto dell’appartamento pontificio, la scelta di vivere nella residenza di Casa Santa Marta, i viaggi nei luoghi dimenticati del mondo hanno rafforzato il suo profilo di “vescovo del popolo”.
È stato un Papa che ha insistito tanto sul concetto di misericordia; insistenza che diventa atto nell’Anno Santo straordinario del 2015-2016 e nell'esortazione apostolica Amoris Laetitia, cercando di superare una visione rigida della “dottrina". L’apertura alle situazioni irregolari è uno dei punti più discussi del suo pontificato, dove la tensione tra rinnovamento e tradizione si è fatta più evidente. Le aperture ai divorziati risposati e l’idea che la coscienza personale potesse avere un ruolo nella vita sacramentale hanno suscitato entusiasmo in alcuni ambienti e preoccupazione in altri. Papa Francesco ha anche spinto con forza per una Chiesa più aperta al mondo, attenta all’ambiente, alla pace, ai migranti, ai diritti dei popoli dimenticati. L’enciclica Laudato sí ha avuto un impatto straordinario ben oltre i confini ecclesiali, posizionandolo come una delle voci morali più autorevoli a livello globale sul tema della crisi ecologica. Il suo pontificato ha decentrato lo sguardo della Chiesa, allontanandolo dall’Europa per aprirsi a un mondo policentrico, multiculturale, segnato da nuove domande e da nuovi dolori. Tuttavia, questo slancio verso il cambiamento non è stato privo di contraddizioni e difficoltà. Alcune scelte dottrinali e pastorali, come quelle contenute proprio in Amoris Laetitia, sono state criticate per la loro ambiguità, generando confusione tra i fedeli e spaccature all’interno dell’episcopato. Le domande poste da alcuni cardinali, rimaste senza risposta ufficiale, hanno rappresentato un campanello d’allarme sullo stato della comunione ecclesiale. Anche la gestione delle crisi legate agli abusi sessuali ha visto momenti problematici in cui il Papa è stato accusato inizialmente di sottovalutare la gravità delle denunce, salvo poi tornare sui propri passi e assumere una linea più netta e trasparente. Il processo di riforma della Curia, nonostante l’accento sulla collegialità e la sinodalità, ha spinto molti osservatori ha porre l'accento su una gestione del potere che in alcuni casi è apparsa accentrata e poco partecipativa, con decisioni importanti prese direttamente dal Papa o da una cerchia ristretta di collaboratori. In parallelo, si è acuita la polarizzazione interna alla Chiesa. Il pontificato di Francesco ha rivelato profonde divergenze non solo teologiche ma anche culturali e geopolitiche. La sua visione di una Chiesa “in uscita”, più missionaria e meno autoreferenziale, ha entusiasmato molti, ma ha anche generato inquietudini in chi teme una perdita di identità dottrinale. Il dibattito tra “riformisti” e “tradizionalisti” ha raggiunto livelli di tensione difficilmente immaginabili all’inizio del pontificato, mettendo in discussione l’unità stessa della comunità cattolica. L’eredità di Papa Francesco resta dunque complessa, segnata da una volontà profonda di cambiamento e da un desiderio sincero di rendere la Chiesa più fedele al Vangelo e vicina all’uomo contemporaneo, ma anche da scelte difficili e da una realtà ecclesiale che non sempre ha seguito con coerenza e convinzione il cammino da lui tracciato. Possiamo parlare di opera incompiuta che solo un nuovo Papa Francesco potrebbe portare a compimento. Allo Spirito Santo la scelta del nuovo Papa per completare l’opera di una “Chiesa povera per i poveri”.